«Mi ha accecato e ora non andrà in carcere»

«A volte mi dico che in fondo sono stato fortunato. Che quel tizio poteva essere armato, e io oggi sarei morto. Potevo fare la fine del tassista che il mese scorso per una storia simile ci ha rimesso la vita. Però so anche che a me la vita quel giovanotto l’ha rovinata per sempre. E il carcere non lo vedrà mai neanche in cartolina».
Sono le cinque di ieri pomeriggio, e Bartolomeo Rezzoagli ha appreso da poco della sentenza del tribunale che condanna ad appena un anno di carcere con la condizionale Marco Passeri, il commerciante che il 3 maggio 2007 lo aggredì con una furia terribile per il più futile dei litigi da parcheggio. Sembra davvero, ascoltando il racconto di Rezzoagli, di rivedere il film dell'aggressione che il 10 ottobre scorso, in largo Caccia Dominioni, costò la vita al tassista Luca Masssari. Con un dettaglio: stavolta non siamo in periferia ma in centro, a due passi dal Palazzo di giustizia; e l’aggressore non è un pregiudicato, non è un balordo di quartiere, ma è uno qualunque, uno normale, un negoziante di abbigliamento sui trent’anni che all’improvviso si trasforma in una macchina di violenza all’insegna di quella che gli studiosi americani chiamano la road rage, la rabbia da strada.
«Erano le 15,30 di un giovedì - racconta Rezzoagli - ero in viale Monte Nero, in auto con me c’era mia suocera. Una Smart era parcheggiata in seconda fila. Mentre la sorpasso, un giovane scende dal marciapiede e apre di colpo la portiera per salire. Le due auto si sfiorano. Scendo, verifichiamo che non ci sono danni, e a me scappa detto “pirla, stai attento a buttarti in mezzo alla strada, rischiavo di tirarti sotto”. Lui si inalbera un po’, ma la cosa sembra finire lì... Ed è stato peggio, perché io non sono un attaccabrighe ma se mi avesse tirato un pugno in quel momento mi avrebbe trovato più pronto, sarei riuscito in qualche modo a difendermi. Invece risaliamo in auto e ce ne andiamo tutti e due per i fatti nostri. Almeno credevo. Invece centro metri dopo mi fermo a un semaforo rosso. E me lo trovo accanto che mi spalanca la portiera e inizia a prendermi a pugni. Non finiva mai di picchiare, io ero bloccato dalla cintura. Quando sono riuscito a liberarmi, avevo l’occhio sinistro in mano».
Quello che accade dopo è, dal punto di vista sanitario, un percorso senza uscita, con l’occhio irrimediabilmente perso: «adesso sta anche diventando bianco, e per motivi estetici me lo dovranno coprire o togliere». E per Rezzoagli sono problemi anche sul lavoro, perché di mestiere fa il manutentore delle caldaie, deve guidare l’auto, essere reperibile anche di notte: «meno male che l’azienda mi ha tenuto il posto». Dal punto di vista giudiziario, un processo al termine del quale ieri il giudice stabilisce che la simbolica condanna a un anno di carcere è sufficiente, perché Marco Passeri ha diritto alle attenuanti generiche e viene escluso che abbia agito «per motivi abbietti e futili». «É una sentenza sconvolgente per l’esiguità della pena», dice Livia Mazzone, l’avvocato di Rezzoagli.

Il quale resta lì, col suo occhio in meno, a dire che «a lavorare mi arrangio un po’ con l’esperienza e un po’ con l’occhio che mi è rimasto»; e che «neanche la condanna più severa mi avrebbe ridato la vista, però che se la cavasse con niente, beh, davvero non me l’aspettavo».

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