Mi insegnò la montagna ma l’Italia l’ha snobbato

di Reinhold Messner

Negli ultimi tempi ho incontrato Walter diverse volte, anche di recente, e la sua scomparsa mi procura un grande dolore perché è una perdita incolmabile. Walter è stato spesso al centro di polemiche che non meritava, controversie che l'hanno fatto soffrire per anni, e non mi riferisco solo a quella del 1954 al K2, quando a soli 24 anni eppure già fortissimo, dovette ingoiare molti bocconi amari, ma anche al caso della tragedia del Pilone Centrale del Freney, sul Monte Bianco, nel 1961 quando, nonostante tutto, salvò la vita a due compagni. Chissà quanto di questo dolore c'è nel male che l'ha portato via? Eppure occorre dire che, dopo aver lottato strenuamente per ottenere giustizia, Bonatti ha vinto, se ne è andato sereno, con il riconoscimento ufficiale delle sue ragioni da parte di tutti, anche del Cai per fortuna.
Certo è che quella vicenda giovanile al K2 lo segnerà per sempre, tanto che, da allora, divenne un solitario. Lascia in eredità a tutti noi l'insegnamento di un amore infinito per la natura, non solo per la montagna, e un grande, profondo senso di umanità, di tolleranza, benché con qualcuno il dialogo fosse chiuso da tempo.
Paradossalmente si potrebbe dire che era quasi più rispettato all'estero, in Inghilterra, in Germania, in Francia, negli Stati Uniti, che in Italia, dove in troppi covavano invidie nei suoi confronti.
Credo che nemmeno lui sia riuscito a far diventare popolare l'alpinismo in Italia. Bonatti è stata la figura chiave dell'alpinismo mondiale nel dopoguerra, dopo Hermann Buhl in Austria, Lionel Terray in Francia e Cassin in Italia.
Quel che è incredibile di Bonatti è che, oltre ad essere stato il più forte scalatore del mondo, era bravissimo a descrivere le vicende che viveva, le sue esperienze: il racconto dei sei giorni in solitaria sulla Sud-Ovest del Petit Dru, così come gli altri suoi scritti, per me hanno un valore letterario, non solo di resoconto.
Le sue esperienze sono state così uniche che non si possono comprare, come succede con molti oggetti di consumo, ma solo vivere.
Ricordo che da piccolo, appena sono stato in grado di leggere in italiano, considerato che la mia lingua madre era il tedesco, ho cominciato subito a leggere Walter Bonatti.

Mi sono ritrovato totalmente nella filosofia che emergeva dal suo rapporto con la natura, nel suo rispetto per e nella sua tensione avventurosa verso le terre selvagge e le montagne.
Il mio modo di pensare e di andare nelle terre alte, la mia filosofia della montagna potremmo dire, viene da lì, dall'austriaco Paul Preuss e da Walter Bonatti.

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