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Mi ricordo monumenti verdi

Per la prima volta in Italia sono stati censiti gli alberi millenari. Saranno protetti come beni dello Stato Perché raccontano la storia

Mi ricordo monumenti verdi

Hanno visto battaglie, caduti, regine e amori. Sono testimoni vivi di millenni di storia. Gli alberi secolari d'Italia sono ora promossi al rango di monumenti. Dopo un parto legislativo non breve, è pronta la pubblicazione della prima lista ufficiale dei super alberi, protetti come beni dello Stato. Alcuni di questi hanno fatto la storia e sono stati inseriti nella mappatura di google map con un logo dedicato che aiuta a trovarli. Sono 2341 per ora gli alberi-monumenti valutati durante lunghe istruttorie comunali e regionali. Dalla Val d'Aosta alla Sicilia ciascuno di loro racconta, oltre a una centenaria e persino millenaria storia personale e della propria specie, un pezzo di storia del Paese. L'elenco provvisorio è stato consegnato nelle scorse settimane dalle Regioni al ministero delle Politiche Agricole secondo le disposizioni di un articolo di legge, il numero 7 della 10/2013, che promuove la tutela dei selezionatissimi esemplari.

Per il decreto attuativo, che doveva definire il criteri di monumentalità, sono stati necessari quasi due anni e la spesa non è stata indifferente: la legge disponeva 3 milioni di euro tra il 2013 e il 2014 da devolvere ai Comuni incaricati di perlustrare il territorio con il fine di segnalare le piante secolari. La metà sono stati stanziati dal decreto attuativo, destinati soprattutto alla formazione degli ispettori. Tra i parametri fondamentali per entrare nella lista: l'età e le dimensioni, la forma e il portamento (la ramificazione), il valore ecologico, storico, culturale e anche religioso. Negli anni c'è stata anche la scomparsa del Corpo forestale, assorbito nell'Ama dei carabinieri e ora la competenza è tutta nelle mani del ministero delle Politiche Agricole.

ABRUZZO SUPERSTAR

Per ora le famiglie più rappresentate sono roverelle, faggi, abeti bianchi, castagni e platani. Durante la prima fase solo il 10% dei Comuni si è impegnato a mappare il territorio a caccia di alberi monumento, negli ultimi mesi la sensibilità è aumentata, anche se l'elenco è provvisorio. Una lista ancora poco pubblicizzata, ma converrebbe farlo, perché la legge prevede che chi sfiora uno dei super alberi incappi in una multa dai 5mila ai 100mila euro. La Regione più rappresentata per ora è l'Abruzzo, con 351 esemplari, seguita dalla Sardegna, con 246.

L'Italia si scopre così terra di piante, oltre che di patrimonio artistico. E in molti casi alberi e tradizioni, memoria collettiva, si incrociano, con incursioni di leggende, perché non c'è quercia senza streghe, o tronchi di castagno che non diventino cavalli di Troia per nascondere soldati, o dame perdute che non abbiano trovato riparo sotto i rami più intricati.

A Caprino Veronese l'orgoglio del paese è il Platano dei Cento bersaglieri. Il platanus occidentalis di Caprino è una star del patrimonio arboricolo italiano. Ha una circonferenza di quindici metri con un'altezza di 25, come un palazzo di otto piani. Non ha meno di 600 anni. E' stato piantato infatti agli albori del Rinascimento, nel 1376, ma la sua fama deriva soprattutto da un fatto accaduto nel 1937, quando si nascose tra i suoi rami una compagnia intera di cento bersaglieri durante le manovre estive dell'esercito italiano. L'albero ha dato il nome alla località, che si chiama appunto Platano, ed è considerato il più grande platano d'Italia, anche se contende il primato a un cugino calabrese di Curinga, la cui circonferenza supera i 18 metri. L'esemplare del catanzarese è un platanus orientalis e si staglia accanto all'eremo di Sant'Elia, sul monte Carmelo.

A Sant'Alfio, in provincia di Catania, nel parco dell'Etna, un supercastagno è inserito addirittura nello stemma comunale. Si chiama Lu Castagnu di li Centu Cavalli. Qui siamo forse al cospetto di un record europeo: l'età non è di facile calcolo, ma secondo gli esperti il mastodontico albero dal tronco cavo e dalla ramificazione da fiaba sarebbe stato piantato tra i duemila e i quattromila anni fa: molto più vecchio del Colosseo e addirittura dell'anfiteatro di Taormina. Secondo il botanico torinese Bruno Peyronel è l'albero più antico del continente. Ha una ramificazione di chiome dalla larghezza impressionante e il nome deriva proprio dalla leggenda secondo cui Giovanna d'Aragona trovò riparo sotto le sue fronte per i suoi cento cavalieri durante un temporale. Sant'Alfio va fiero del suo albero. All'entrata del paese un cartello accoglie così i visitatori: «Benvenuti nel paese del castagno dei cento cavalli». Illustrato da molti viaggiatori del Grand Tour, è tutelato già dalla metà del 1700 con un documento, eccezionale per l'epoca, redatto da Tribunale dell'Ordine del Real Patrimonio di Sicilia

Sono più o meno contemporanei della nascita dell'Impero romano tre larici millenari della Val d'Ultimo, in Alto Adige. All'interno di un bosco di conifere, i tre vetusti svettano su tutti. Il più alto misura 38 metri. Erano quattro ma il mancante è stato abbattuto nel 1930 da un fulmine. In quest'occasione gli esperti hanno potuto però contare gli anelli di accrescimento che hanno indicato un'età di circa 2000 anni.

RE LEONE

Il più largo dei tre ha una circonferenza che misura 8 metri. Il terzo ha una cavità che può ospitare un uomo in piedi, e all'interno della corteccia si vede il cielo attraverso un suggestivo oblò creato dalla natura.

In Trentino, in località Pian della Fava, si estende il regno di un pino cedro alto 23 metri chiamato il re Leone. Deve il suo nome al boscaiolo Leone, che nel 1970 aveva il compito di abbattere e portare a valle la pianta, ma che si rifiutò perché valutò l'impossibilità di tagliarlo e trasportarlo. Sulla corteccia si può notare il segno dell'ascia, indice del destino che sarebbe dovuto toccare a questo esemplare. Ma poi il boscaiolo Leone si interruppe per protesta, e ora il pino è tra gli alberi monumentali d'Italia. Nelle cavità del fusto trovano rifugio uccelli e piccoli mammiferi.

E' meno anziana ma vanta una storia di resistenza la toscana Quercia delle Checche, in Val d'Orcia, vicino Pienza. Roverella alta diciotto metri, circa trecento anni di vita, ha dato riparo alle munizioni del partigiani durante la seconda guerra mondiale, ed è stata danneggiata nel 2014 da ignoti vandali. Si racconta che sotto la sua chioma si riunissero le streghe. In Toscana gli alberi promossi a monumenti sono 55 dopo una dura selezione (i Comuni ne avevano presentati 130) ma non sono soltanto cipressi. C'è, per esempio, il segreto bagolaro di San Gimignano, chiamato spaccapietre per le sue radici di acciaio, che si innalza con un'altezza di 26 metri e la sua chioma a soffione in un luogo appartato del paese, e perciò lontano dagli occhi dei turisti.

Nella lista non mancano gli ulivi, uno dei più celebri e più anziani è quello dei Trenta zoccoli. Potrebbe avere 1500 anni e si trova a Massarosa, in provincia di Lucca. Si chiama così per la descrizione lasciata dallo scrittore Georg Christoph Martini durante il suo viaggio in Toscana nella prima metà del 700.

AI piedi dell'albero trovò trenta zoccoli, di proprietà di una squadra di ben quindici raccoglitori, che lavoravano sull'albero contemporaneamente in quel momento.

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