«La mia Gaia in ospedale non sa ancora che mamma non c’è più»

da Roma

Yuri ha dieci anni, la faccia confusa e un pupazzo di peluche in mano. È un cagnolino, il preferito di Gaia, la sua gemella. Lei è in sala operatoria, all’ospedale San Camillo, dove i medici stanno tamponandole un’emorragia alla milza e al fegato. Alla mamma, Marzia, è andata peggio: l’ha uccisa quella macchina che si è schiantata sulla fermata dopo aver travolto la Toyota con cui la donna aveva accompagnato la piccola per prendere lo scuolabus. Fuori dalla sala operatoria, insieme a Yuri, c’è il padre, Giuseppe. «Doveva esserci anche lui, stamattina», dice indicando il figlio. «Per fortuna stava poco bene». Un sollievo in un mare di dolore. «Con Marzia c’eravamo separati da luglio», racconta l’uomo, originario della Calabria, «ma io sono ancora innamorato», prosegue parlando al presente. Giuseppe fa una pausa, poi ricorda: «Stamattina sono uscito presto come al solito. Ho parlato con mia moglie, poi mi ha chiamato Gaia, voleva il caricabatterie. Ora non c’è più nessuno». Lo chiama un medico, parlano della piccola, il padre stringe i pugni e sussurra «sta male» tra le lacrime. Ma l’intervento è andato bene. Condizioni critiche, ma la bimba dovrebbe cavarsela. Però Giuseppe vuole giustizia. «Spero che queste morti non siano vane, quella di oggi era una tragedia annunciata, quella è una strada maledetta: da quando hanno aperto il centro commerciale è più trafficata di un’autostrada anche se è stretta», sibila. «E quel tipo, stamattina, correva come un pazzo: dicono che lo facesse sempre, ma i vigili non sono mai intervenuti».


Intanto dall’Aurelia Hospital arriva la notizia dell’ultima vittima: Jessica, 13 anni appena, non ce l’ha fatta. Nipote di un consigliere comunale di Fiumicino, il parroco don Enrico la ricorda così: «Era dolcissima, una bambina d’oro, lo specchio di tutti i bimbi del comprensorio».

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