Una microspia nell’ufficio del pm In Procura è caccia alla «talpa»

Nel mirino le conversazioni del procuratore Gratteri. Chi le ascoltava doveva stare nel raggio di 20 metri

Qualcuno ascoltava le conversazioni di Nicola Gratteri, pubblico ministero dell’Antimafia a Reggio Calabria, qualcuno seguiva in diretta le riunioni di lavoro del magistrato con gli investigatori del suo gruppo. Qualcuno sapeva in diretta cosa bolliva nelle delicate indagini in mano al magistrato, prima tra tutte quelle sulla strage di ’ndrangheta a Duisburg, in Germania. A raccontare in tempo reale i segreti delle inchieste era una microspia, una «cimice» piazzata in una stanza dove sono in pochi ad avere accesso: Gratteri e il suo staff. Si dice addirittura che Gratteri utilizzasse la stanza per le conversazioni più delicate, perché temeva che il suo ufficio fosse vulnerabile alle intercettazioni abusive. E invece l’orecchio elettronico era piazzato proprio nella «sacrestia» del pm.
La microspia viene ritrovata martedì scorso dai carabinieri del Ros, per quattro giorni la notizia resta segreta. Ma in un palazzo di giustizia scosso dalle divisioni interne, dai veleni e dalle polemiche come quello di Reggio Calabria è difficile che un segreto resti tale. Proprio in seguito alle ultime fughe di notizie, d’altronde, era stata disposta la bonifica che ha portato al ritrovamento della cimice. Ed insieme alla notizia del ritrovamento della microspia viene alla luce anche il dettaglio più delicato: non si tratta di una cimice di ultima generazione, quelle con una scheda telefonica incorporata, ma di un attrezzo rudimentale composto da un rilevatore di suoni e di un minuscolo apparecchio radio, in grado di rimbalzare il segnale a un apparecchio distante poche decine di metri. Tradotto: ad ascoltare le conversazioni di Gratteri e dei suoi uomini era qualcuno vicino, molto vicino a lui. Qualcuno che lavorava all’interno dello stesso Palazzo di giustizia, un magistrato, un investigatore, un cancelliere. In ogni caso, qualcuno che in teoria dovrebbe stare dalla stessa parte della barricata di Gratteri, e che invece spiava il suo lavoro. Una talpa, insomma.
Ieri, appena la notizia si divulga, Gratteri spegne il telefonino e rifiuta commenti. D’altronde c’è un’inchiesta già aperta, Gratteri vi figura come vittima e proprio per questo - in base al codice di procedura penale - a condurre l’indagine sul ritrovamento sarà un’altra Procura. Sarà ai colleghi di Catanzaro che Gratteri fornirà la sua spiegazione di quello che è successo, le sue ipotesi - se ne ha - sui possibili obiettivi dell’intercettazione abusiva. Chi lo ha incontrato ieri, descrive Gratteri tutt’altro che agitato. Ma questo vuol dire poco: Gratteri non apparve particolarmente turbato neanche nell’estate 2005, quando un’operazione del Sismi portò a individuare e bloccare un piano che doveva portare alla sua eliminazione fisica.

Il servizio segreto militare e i carabinieri del Ros, pochi giorni dopo, sequestrarono nella piana di Gioia Tauro un chilo di plastico con detonatore, lanciarazzi, kalashnikov e bombe a mano. In quella occasione a prendere di mira il magistrato era la malavita organizzata. Stavolta, a quanto pare, il nemico ha il colletto bianco.

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