«Le mie storie noir e gialle? Nascono nei caveau svizzeri»

Il denaro o la passione sono i motori dei romanzi

«Le mie storie noir e gialle? Nascono nei caveau svizzeri»

Da quando incominciò a scrivere noir Martin Suter (classe ’48) si impose come il nuovo interprete dei misteri svizzeri, e come lo scrittore di lingua tedesca di maggior successo nel proprio Paese. Romanzi con Allmen e le libellule, Com’è piccolo il mondo, L’ultimo dei Weynfeldt (tutti editi da Sellerio) mettono in scena, in gialli che hanno spesso il ritmo di pièce teatrali, una società inquieta e con molti scheletri... nei caveau. Suter parla di rapinatori, collezionisti d’arte, dandy che «marinano la vita», viveur, finanzieri, donne ingioiellate e tristi. Storie in cui la violenza è spesso interiore, e l’odio cova spesso sotto la cenere. «Racconto la Svizzera che conosco meglio, quella che frequento e che trovate nei miei romanzi. È la Svizzera che amo e che proprio per questo oso criticare» spiega.
Si sente vicino ai modelli di Glauser e Dürrenmatt?
«Li ammiro e li leggo da sempre. A proposito di Glauser, il suo primo libro che lessi me lo consigliò mio zio, suo appassionato lettore. Era il capo della polizia di Zurigo».
Ma lei è osserva o inventa?
«Entrambe le cose. Sono quasi sicuro che, pur inconsapevolmente, invento cose che ho visto. Potrei dirmi un osservatore passivo con la capacità di archiviare eventi e di riuscire a utilizzarli quando mi tornano utili».
Quanto sono vicine le sue storie noir al teatro?
«Tra il genere noir e il teatro c’è un legame forte. E il legame è il segreto. Del resto ogni buona storia, o film, o poesia nasconde un segreto».
Com’è la vita in Svizzera?
«Molto confortevole. Ci sono ottime infrastrutture e una natura favolosa. Se proprio devo trovare una nota stonata, se così la vogliamo chiamare, manca un poco di avventura».
Le banche svizzere, per lei cosa sono? Luoghi confortevoli o ambientazione ideali per i noir?
«Il comune denominatore di quasi tutti i romanzi è la passione. E nei romanzi dove non c’è passione c’è denaro. E dove c’è denaro ci sono le banche».
Perché ha raccontato il mondo dell’arte e dei suoi collezionisti?
«L’arte non è un argomento raro nei romanzi. Per quanto mi riguarda ho molti amici artisti. Anche arte e letteratura sono buoni amici».
Chi ama i suoi libri?
«I lettori cui piace, come a me, la sorpresa e il segreto. Sono cresciuto leggendo soprattutto scrittori americani e inglesi e credo traspaia dai miei libri. Elmore Leonard è fra i miei preferiti. In questo periodo sto rileggendo Graham Greene. Un altro da citare è John le Carré».


Tre libri per lei indispensabili?
«La fiera delle vanità di Thackeray, Il profumo di Süskind e Gli elisir del diavolo di E.T.A Hoffmann».
Il libro che ha odiato di più?
«Impossibile odiare i libri. Se un libro ti infastidisce puoi abbandonarlo dopo poche pagine. Non è necessario farsi del male».

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