Il miele: mai così buono e così poco

Paolo Marchi

Montalcino prima e Bologna poi hanno celebrato il meglio che il mondo del miele italiano è in grado di offrire. Peccato che, preso atto con gioia di un raccolto di eccezionale livello, si sia dovuto registrare anche un crollo della produzione pari al 30%. Ci sono in merito dati ufficiali, che vanno però presi con cautela perché le api sono un po’ come i cani da tartufo: non riescono a dialogare con l’uomo e così non potranno mai dire quanto miele hanno raccolto piuttosto che quante pepite hanno trovato sotto terra. Parlano per loro i raccoglitori, che non potranno mai essere smentiti. È una questione di fuga dal fisco. In ogni modo, la produzione annua ufficiale si attesta storicamente attorno alle tredicimila tonnellate. C’è poi il nero che si vuole pari.
Per il 2006, dal milione e 160mila arnie sono uscite circa diecimila tonnellate di miele di assoluto pregio. Conseguenza pratica: dovremo aumentare le importazioni, di norma pari alla produzione interna. Cambia però la qualità, senza contare che un po’ ovunque stanno aumentando i prezzi. Non siamo alle speculazioni sul barile di petrolio, questione di centesimi in rapporto a pochi euro al chilo, ma ogni mondo ha i suoi valori con i quali raffrontarsi e l’ingresso del blocco ex-sovietico nell’Unione Europea ha inevitabilmente provocato un rialzo dei prezzi di tutti i generi di consumo. In ogni modo, a parte il miele cinese che può essere dannoso per la salute perché infimo, una morchia zuccherosa, noi importiamo dall’Est europeo, in particolare l’Ungheria, e dal Sud America, in primis dall’Argentina, produzioni che si appiattiscono sempre di più ma che ancora vincono in convenienza, pur se meno rispetto al passato.
Ma questo è un problema che il consumatore non coglie. Invece un -30% di raccolto è un sensibile vuoto qualitativo. E dire che la stagione era iniziata alla grande, tanto miele e tutto tanto buono, come ricordato nel sito www.osservatoriomiele.org. Il via a fine aprile al Sud, con la raccolta del miele di agrumi, e con maggio anche al Nord con quello di acacia. Tocca poi al millefiori e via così, di fiore in fiore che danno vita a squisitezze uniflorali. Il patatrac da giugno/luglio. Colpa della siccità e del caldo torrido che hanno bruciato i fiori e costretto le api (che raccolgono il miele e non lo producono come in tanti credono) a starsene nell’arnia (ognuna può accogliere tra le 50 e le 55mila unità) tanto che da luglio non si è messo via quasi più nulla. Le eccezioni soprattutto sui rilievi dell’arco alpino dove ha piovuto, ma piovuto in una valle sì e in quella confinante magari no. Tutto all’insegna dell’imprevisto, a macchia di leopardo che è un pessimo modo di lavorare. Così adesso il raccolto di miele di castagno è dimezzato e quello di eucalipto quasi azzerato (-70%). Quello che c’è costerà quindi di più.
Il consumatore dovrà aprire bene gli occhi e leggere le etichette e non diffidare della grande distribuzione che in materia lavora di norma bene. Ci sono poi grandi produttori che coprono il Paese e che meritano fiducia come Rigoni di Asiago, www.rigonidiasiago.com, Mielizia-Alce Nero, www.mielizia.com, che è una realtà biologia di grande spessore con gli uffici a Bologna, e i Mieli Thun, www.mielithun.it, a Vigo di Ton in Trentino. Tale la crescita dell’interesse verso il miele come materia prima golosa, vedere ad esempio gli abbinamenti con i formaggi, che la Thun propone una selezione di Quintessenze, parola registrata e depositata, che suona un po’ come cru nel mondo del vino e che nel caso simboleggia il tendere dell’azienda alla purezza nel barattolo. Ed è bene sapere che a Sommariva Bosco nel Roero, Franca e Tonino Strumia conducono la prima mieloteca d’Italia all’interno della loro pasticceria, 0172.54230. Sono capaci di selezionare fino a 40 tipi di miele diverso, se uno non l’hanno vuole dire che non esiste. Provare da loro il miele di nespolo, quello di mandarino tardivo di Giaculli in Sicilia piuttosto che dei limoni di Sorrento o, superlativo, di ericriso raccolto nel Parco di San Rossore a Migliarino (Livorno) che Andrea Trinci, 0587.722026, lavora a Cascine (Pisa) con il cacao ottenendo un cioccolato dalle note di tabacco. E ancora, segnarsi i nomi di questi due comuni: Zafferana Etnea (Catania) e Tornareccio (Chieti). Lì in pratica tutti sono apicoltori.
In apertura il nome di Bologna, perché lo scorso fine-settimana, nella vicina Castel San Pietro, sono state assegnate le Tre Gocce d’oro ai migliori mieli nazionali. Dei 516 presentati da 251 produttori diversi, ne sono stati premiati 240, quattordici dei quali con le Tre Gocce, il massimo. Eccoli: il miele di agrumi della Afige di Tornareccio (Chieti), 0872. 868337, dagli agrumeti del Metaponto, azienda premiata anche per quello di girasole sulle colline molisane; il miele di cardo di Apilandia a Sassari, 079.316229; il miele di castagno di Gnomo a Campo San Martino (Padova), 049.9630475, raccolto nei castagneti di Monfenera (Treviso); il corbezzolo di Romanelli a San Mauro la Bruca (Salerno), 0974. 974064, raccolto sulla costa salernitana; l’eucalipto di Angelo Virdis di Guspini (Cagliari), 339. 6634100; il millefiori di Lauro Camparini di Albiano Magra (Massa Carrara), 0187.415332; il millefiori di montagna dell'Apicoltura Moltoni a Villa di Tirano (Sondrio), 0342.795370; l’acacia di Frassini a Caltignaga (Novara), 0321.652880; il rododendro di Francesco Baroni a Sondrio, 338.2326589; il rosmarino di Libero Papagna a Manfredonia (Foggia), 0884.535040, e, stessa provincia, il miele di sulla di Leonardo Pertosa a Lesina, 0882.991068. E ancora il tarassaco di Stefano Gallo a Verrayes (Aosta), 348.3923549, e il timo di Apipuglia a Gioia del Colle (Ba), 080.

3435502, raccolto nella macchia mediterranea del tarantino.

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