Erano già preparati al peggio, a incassare una nuova battuta darresto dellindustria, a veder conficcata unaltra spina in quel palloncino sgonfio che è la ripresa economica Usa. Hanno invece dovuto ricredersi in fretta, ieri, i mercati: dalla manifattura a stelle e strisce è arrivato uno squillo. Accolto come un segno di vitalità, come una speranza che - prima o poi - la Corporate America smetterà di licenziare per tornare ad assumere. Imprevisto, e dunque ancor più apprezzato, laumento in agosto dellindice Ism (a quota 56,3 dal 55,5 di luglio), ha finito per stemperare nelle Borse lavversione al rischio e ricompattare i listini sotto il segno del rialzo. Sia in Europa, dove i progressi hanno oscillato dal +2,7% di Londra al quasi +4% di Parigi, con Milano saldamente agganciata al treno in corsa (+3%); sia a Wall Street, dove a unora dalla chiusura Dow Jones (+2,22%) e Nasdaq (+2,57%) erano ancora in volo. Bene anche leuro, tornato sopra 1,28 dollari alla vigilia della riunione della Bce.
Unondata di euforia generalizzata, neppure minimamente scalfita dal jaccuse pronunciato dallex numero uno di Lehman Brothers, Dick Fuld, contro la Federal Reserve, ritenuta tra i responsabili del fallimento della banca daffari. Accusa subito respinta dallistituto: «Non cera unopzione per il salvataggio: mancava un acquirente e un prestito non sarebbe stato possibile perchè cera la convinzione che non potesse essere restituito». Gli investitori hanno però preferito concentrare lattenzione altrove. Soprattutto sul fatto che lacuto della manifattura non è rimasto isolato, ma è stato imitato dallindustria cinese (lIsm è salito ai massimi da tre mesi). Lazione di raffreddamento delleconoma decisa da Pechino con un giro di vite al credito, non sembra insomma aver tolto spinta alle fabbriche, che mantengono anzi alta la domanda di acciaio e di energia. E se il Dragone tira, lAustralia ringrazia. Lex Impero Celeste è infatti il principale mercato di sbocco per le sue esportazioni. Così il Pil fa il canguro, con un balzo del 3,3% annuo, le imprese realizzano profitti record e il deficit delle partite correnti (una bilancia commerciale allargata anche ai servizi) si è quasi azzerato.
La lettura dei dati macroeconomici di ieri può dunque far pensare che i rischi di un rallentamento della crescita mondiale siano meno forti. In realtà, è meglio mantenersi prudenti. Gli Stati Uniti sono attesi domani a una verifica cruciale, quella sulla disoccupazione (al 9,5% in luglio).
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.