Milan, Ancelotti lasciato solo forse anche da Ronaldinho Il brasiliano è convocato ma è difficile che giochi Carletto: «Berlusconi? Dispiaciuto come tutti noi»

nostro inviato a Milanello

Il distacco dall’Inter dilatatosi a 14 punti, la sconfitta nel derby e il pari di Brema. Eppoi le parole non proprio benevole di Berlusconi e il lungo elenco di infortunati e indisponibili. Volendo, ci sarebbe più di un motivo per tormentare le notti di Ancelotti. Eppure, dopo una delle settimane più difficili del suo matrimonio con il Milan, il tecnico rossonero non smarrisce l’abituale calma e con un sorriso, che è tutto dire, spiega: «Finalmente arriva il mio momento». Il momento, per dirla alla Ancelotti, è quel periodo della stagione dove puntualmente il tecnico viene dato per sicuro partente e dove il Milan riesce sempre a dare il meglio di sé. «Finalmente questo periodo è arrivato - sentenzia -. Non vedevo l’ora: adesso cerchiamo di ripetere quanto fatto negli anni passati».
A Milano arriva il Cagliari, una delle formazioni che più ha impressionato in questo campionato, dopo un avvio da retrocessione certa: «Insieme al Genoa è una delle squadre che gioca meglio, ma anche il mio Milan...», la battuta del tecnico, che rilancia ambizioni e speranze rossonere. «Non dobbiamo guardare in casa d’altri, ma pensare a riprendere il nostro cammino: gli obiettivi sono un posto tra le prime tre e la coppa Uefa».
Nessun accenno quindi alle critiche piovute sul tecnico in settimana dal numero uno rossonero Silvio Berlusconi e alle voci di un possibile addio a giugno. «Vorrei restare qui per battere il record di Rocco», sottolinea Ancelotti prima di ribadire che «non vedo un’eccessiva esposizione mediatica rispetto agli anni scorsi. Anzi, sento tanto affetto intorno a me, nonostante abbia fatto qualche errore e ancora ne farò».
Stima ribadita da Galliani, sia in pubblico che in privato. Davanti ai microfoni ha smussato il «raccapricciante» berlusconiano con un «è il nostro presidente e quando parla, parla sempre a fin di bene, per spronare tutta la società a fare meglio. Il Milan continua ad essere in cima ai suoi pensieri, lui soffre perché è un grandissimo tifoso e rispetto agli altri tifosi ha anche un merito un po’ maggiore, perché ha messo tanti soldini per far diventare grande questa società»; in privato, regalandogli un braccialetto con la scritta: con immutata stima (checché se ne dica).
Risolti, o quasi, i problemi societari, Ancelotti deve invece ancora far di conto con l’esiguo numero di attaccanti rimastogli. Al momento, l’unico sicuro di una maglia da titolare è Inzaghi. Gli altri sono tutti difficilmente recuperabili: fatta eccezione per Pato, «è l’unico che può farcela», sicure le assenze di Shevchenko e Kakà, Ronaldinho è stato inserito nella lista dei convocati dal tecnico rossonero, ma difficilmente verrà impiegato dal primo minuto. «Ma gli infortuni non possono diventare l’alibi di questa stagione - sentenzia Ancelotti - altrimenti avrei un nome su tutti per giustificare le difficoltà in difesa: Alessandro Nesta». Un nome su cui, dopo l’ennesimo stop e l’intervento chirurgico, sembrava aleggiare sempre più insistentemente la parola «fine» ma che Ancelotti continua a sostenere con una sana dose di ottimismo: «Nesta rientra presto, ve lo posso assicurare», l’auspicio del tecnico rossonero.

A centrocampo, invece, le ultime buone uscite di Flamini gli sono valse una riconferma, così come per Beckham: ballottaggio per l’ultimo posto rimasto tra Pirlo e Ambrosini, con il primo in leggero vantaggio. Oggi il Cagliari, poi il Werder Brema, quindi la Sampdoria: in sette giorni il Milan disegnerà il suo futuro.

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