Franco Ordine
da Milano
La partita si può liquidare in due battute. Il Milan vince di rigore, due volte fa centro, prima Kakà e alla fine Amoroso (primo sigillo stagionale), dal dischetto e chiude formalmente al secondo posto, con 88 punti, una cifra mostruosa che partorisce una rabbia a stento contenuta dalle parole di Silvio Berlusconi («devono restituirci due scudetti») e dagli striscioni che spuntano a rendere meno banale e beffardo il pomeriggio di calcio vissuto a San Siro. La Roma, con merito e tigna, pareggia il primo conto (gol di Mexes di testa con Gilardino distratto e Dida che non esce, quasi si considerasse ai domiciliari), poi sbaglia la grande occasione per apparecchiare un sontuoso successo. Capita a Taddei (lanciato da un colpo di testa allindietro del disastroso Pirlo) dincrociare il gatto dalle sette vite Dida mentre invece la successiva percussione di Gattuso, un minuto dopo, permette a Gilardino di guadagnare il secondo rigore (Bovo, ultimo uomo, viene anche espulso) e ad Amoroso di timbrare il cartellino dagli undici metri. Non mancano le proteste romaniste e i giudizi severi sul conto dellarbitro, il novizio De Marco di Chiavari: sbaglia tanto, non vede un paio di rigori (uno per parte, su De Rossi, laltro su Kaladze), fischia troppo ma bisogna capirlo e giustificarlo. È alle prime armi, magari è anche inadatto al ruolo, un «pippone», ma pulito.
E allora prepariamoci, per il futuro, a un campionato diretto da ragazzi esordienti che possono sbagliare, in buona fede però. Il secondo posto milanista brilla di una luce propria in unatmosfera singolare: con linevitabile castigo della Juve può valere anche lo scudetto a tavolino. «Comunque vada a finire, grazie ragazzi», recita uno striscione enorme: quel «comunque» è un ponte lanciato sui processi sportivi di prossima realizzazione.
Dentro la partita resistono altri motivi di grande interesse. Per cominciare la mossa di Andriy Shevchenko, spuntato in curva, tra gli ultrà: sembra un passo daddio, mentre i tifosi cantano uno struggente «resta con noi» che ha il valore simbolico di un tentativo di fargli cambiare idea, progetto. Non vuole chiudere come uno che fugge, che allimprovviso taglia la corda. Quel suo gesto dimostra che il tormento dellucraino che da queste parti non ha solo fatto gol a raffica, ha allacciato rapporti, coltivato amicizie. Poi cè da lanciare uno sguardo interessato a Francesco Totti e al suo ingresso in campo, sotto gli occhi di Marcello Lippi, ieri in tribuna. I due parlano a lungo nelle viscere di San Siro, quindi tocca al prato verde milanese segnalare le condizioni effettive del numero 10 della Nazionale: Francesco viene «rispettato» dai milanisti, non fanno su di lui entrate di alcun tipo, può giocare di tacco e di punta eppure non basta per raccogliere consensi, si vede lontano un miglio che è in grave ritardo di condizione.
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