Il Milan campione d'Europa paralizza tutta Milano

Più di 100mila tifosi in strada (guarda le immagini). Bandiere su auto, moto, monumenti, prati. E poi tanti striscioni, con il giallo di Ambrosini che ne sventola uno (volgare) contro l'Inter. Galliani: "Tutto chiarito"

Il Milan campione d'Europa 
paralizza tutta Milano

Milano - Non so dove fossero finiti i quattordici milioni di italiani che mercoledì hanno vissuto davanti ai televisori la notte bella di Atene. So benissimo, invece, dove fossero ieri sera cinquanta, centomila, di più, molti di più, i milanesi milanisti. Erano schierati lungo le strade, dalla periferia di palazzoni e cemento verso il centro, nobile ma improvvisamente terra di popolo, tutti uniti, colorati, coloriti, stremati dal caldo e dalle ore lunghe passate con la coppa nel cuore e i gol di «Pippo mio Pippo mio», come lo ha chiamato mille volte in telecronaca diretta Carlo Pellegatti che sta al Milan come la Madonnina al Duomo. Il pullman dei campioni è apparso, come in una fiaba, quando mancavano cinque minuti alle otto di una sera chiara e appiccicosa. C’erano bandiere dovunque, ai balconi, sui monumenti, su motociclette e automobili, stese sui prati verdi dei giardini, c’erano bambini e femmine minigonnate, c’erano teste rapate e signori con la maglia improbabile e vintage di Bierhoff, c’era anche un prete abbastanza serioso però sorridente.

All’angolo tra Vittoria Colonna e via Monterosa il bus pieno di colore e calore si è quasi fermato. Rose, crisantemi, azalee, garofani, due bandiere milaniste e fogli scritti a mano e a macchina, formavano un altarino davanti a un albero. Erano la memoria per Claudio Monti, professore di educazione fisica alla scuola media Mauri. Era tifoso del Milan, era un padre di tutti gli scolari, se ne è andato giovane, bello e fresco, improvvisamente e drammaticamente, venerdì, in uno scontro tremendo frontale con la sua motocicletta rossa come i colori del suo Milan. Ieri tre studenti piangevano e mormoravano: «Prof, abbiamo vinto la coppa, non l’hai vista tu, la sognavi, è stato bello».

Il pullman ha ripreso il suo tragitto, l’area grande di Mario Pagano sembrava San Siro, fumogeni, trombe, striscioni, belli alcuni, volgari altri con gli interisti bersaglio centrale, comodo e facile di schizzi e lazzi: «Io non la vinco da 42 anni», ricordava uno di questi e i campioni d’Europa, vestiti di rosso e con la capa calda l’hanno issato a bordo, innalzandolo tra fumi e boati di folla.

Sotto c’era una Milano ubriaca, in un giovedì davvero strano per fare festa ma voluto e desiderato dopo una stagione di tormenti. Gipponi dei carabinieri, auto della Guardia di finanza, vigili intossicati dai gas di scarico, sirene a manetta, pattuglie destinate a bloccare gli incroci già bloccati dai tram ingessati e dai bus messi di sghembo, cani che abbaiano, pupi che piangono e telefonini tenuti come immagini sacre, con la funzione della fotografia, una istantanea da mandare a memoria.

Lassù i campioni che strillano come i curvaioli di San Siro, preceduti a piedi, davanti al bus, dal gruppo ufficiale dei tifosi duri, sul puri non scommetterei, facce toste, grida ostili che non celebrano la coppa, che non osannano Maldini o Kakà ma frustano i rivali dell’Inter e il loro scudetto inutile e leggero di fronte a tanta roba europea. È il derby che continua in foro Buonaparte, poi il castello Sforzesco con i turisti tedeschi di pelle rosata, per il sole nostrano, e i giapponesi color di farina che ridono come soltanto loro sanno ridere per l’evento non previsto nel loro giro quotidiano ma tutto fotografato, immediatamente. L’urlo dei campioni copre ogni altra immagine e parola, «lo scudetto mettilo...», indovinate un po’ dove, ci sta scritto anche sugli striscioni, è la password per entrare nel sito di questo pazzo mondo del tifo pallonaro dove l’odio per l’avversario non ha mai fine, la sconfitta non è prevista come gli stessi inglesi, depositari di fair play a parole, hanno dimostrato ad Atene inscenando il gran rifiuto al momento delle premiazioni ma poi accettando di salire malinconicamente i ventinove gradini verso la tribuna d’onore.

Cronaca già antica quando il pullman degli eroi, così si usa dire in assenza di quelli veri, sbuca finalmente in piazza Duomo. Qui è pronto il palco dove oggi il cardinale parlerà ai giovani. Qui, dal balcone dell’assessorato allo sport, lo stesso occupato qualche settimana fa dagli interisti scudettati, Gattuso e Maldini, Galliani e Braida, Dida e Pippo mio hanno parlato e danzato con i giovani, gli anziani e con chi ha voluto partecipare a questa festa nuova per le abitudini nostrane.

È arrivata la sera e Milano ha tentato di andare a dormire.

Guido ha fatto ripartire la sua moto stanca, Luisa ha ripreso a spingere il passeggino, Franco è montato in bici e sembrava al Giro, Claudio, il professore di ginnastica, da qualche parte stava sorridendo, chiedendosi: quando si ricomincia?

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