Franco Ordine
«In questo momento cè poco da dire e tanto da fare». Nel suo stringato giudizio, Clarence Seedorf è lemblema di un Milan rimasto senza parole dinanzi alla crisi palese di risultati e di immagine. Ora è fuori anche dalla coppa Italia, uno degli obiettivi di scorta, dopo aver perso ogni speranza di competere con la Juve per lo scudetto. E lo è in modo poco dignitoso, con un secco 0 a 3 che ha cancellato ogni rincorsa fumosa a improbabili alibi. «Non ho dormito tutta la notte, fino alle due e trenta ho discusso con Ancelotti senza trovare una risposta ai quesiti che ci siamo posti. Non è questo il momento per tirare le somme»: nella dichiarazione di Adriano Galliani cè la resa e lo smarrimento dovuto alla bastonata rimediata a Palermo. Con Zamparini se lè cavata con una battuta («visto che il Milan non è competitivo col Palermo, sono io che devo chiedere la mutualità a Zamparini»), ma la serata di Palermo ha scavato una grande angoscia. Moltiplicata dallinsoddisfazione del premier Silvio Berlusconi, ripagato in modo ingeneroso dei suoi sforzi nellunico momento in cui avrebbe bisogno di qualche luccicante risultato. Per tornare a Palermo, la serata ha raccontato una serie di fatti che qui si possono così sintetizzare:
1) Kalac è peggio di Dida. Adesso tutti capiranno perché nello staff tecnico nessuno pensa di sostituire Dida dopo il paperone contro la Samp. Kalac, e non solo per gli svarioni di Palermo, è peggio di Dida e non offre alcun affidamento.
2) Non è questione di modulo. Il modulo non centra, o comunque ha una incidenza relativa. A Palermo Ancelotti si è votato al 4-4-2, considerato il modo più efficace per allacciarsi le cinture: non è servito a evitare il clamoroso flop.
3) Il calo fisico è evidente. I file del computer di Daniele Tognaccini offrono una lettura diversa. «Siamo nella norma» sostiene il capo di milanlab. E invece il campo è pronto a smentire, ripetutamente, i dati teorici. Perché contro la Samp, la squadra di Novellino ha corso di più e meglio, ha dato prova di efficienza. Così a Palermo dove si è giocato su un terreno pesante dalla pioggia. Fuori discussione limpegno, manca lo spirito guerriero.
4) Scelte di mercato improduttive. Kalac, alla prima vera occasione, ha deluso. Vogel, dopo un avvio promettente, invece di guadagnare in personalità, è precipitato verso linsufficienza. Ignorato in campionato, non si è riscattato in coppa Italia. Per Jankulovski cè da chiedersi: è arrivato compromesso dal grave infortunio di Roma, o è soltanto il dazio pagato alle nuove tecniche di allenamento? La risposta complessiva è questa: il mercato non ha puntellato la squadra, lha resa più fragile.
5) Rifondazione, luogo comune. È un classico della critica dei nostri tempi: in casi del genere è molto facile scrivere, tutto da rifare. Al Milan berlusconiano è successo cento volte: dopo i 4 anni di Sacchi, e i fatti smentirono le cassandre. Quando tornò Capello e si inseguì lobiettivo, il progetto fallì miseramente mentre Zaccheroni vinse al primo tentativo. Ancelotti ereditò una squadra plasmata in corsa mettendo insieme doppioni: stupì tutti e vinse. Non è da rifondare il Milan: bisogna, per limiti anagrafici, rinfrescare e potenziare la difesa e rigenerare il gruppo, Materazzi è uno degli obiettivi. Lindirizzo è pescare tra i delusi e quelli da rilanciare, tipo Cafu e Pancaro del 2003.
6) Il nodo dellallenatore. Ancelotti non è il massimo della reattività, in queste ore. Le sue dichiarazioni di martedì sera, a Palermo, sono un inno alla banalità. La squadra non risponde ai comandi, questo è evidente. E lui stesso non sa come rimediare. La verità è una: dopo Istanbul si fulminò una valvola nella testa della squadra, andava cambiata al volo. Ma non cerano candidature convincenti per rimpiazzare Carletto in panchina. Anche al momento non esiste un nome sulla scrivania di Galliani: Rijkaard sè legato fino al 2009 col Barcellona, Van Basten ha spiegato agli emissari che il suo mandato come ct dellOlanda è legato fino alleuropeo del 2008, Tassotti è coinvolto in prima persona nellattuale gestione, Donadoni ha lavorato bene, ma da diciotto mesi, nel Livorno. «È un amico, per questo ci sentiamo spesso» fa sapere Galliani che nega provvedimenti per Ancelotti. Il prossimo bivio è la coppa dei Campioni: se la squadra dovesse sbandare anche contro il Bayern sarebbe inevitabile un intervento della società.
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