Lecce - Ronaldinho non basta, questa volta. Il Milan perde il suo fresco primato nel giorno in cui proprio Ronaldinho, l'uomo del nuovo Milan, timbra il cartellino lontano da San Siro. Lo fa sempre nel finale delle partite quando i suoi secondini, assaliti dalla stanchezza, lo perdono di vista e lui spunta come un diavoletto per l'impatto decisivo. Sesto gol di Gaucho in 70 giorni di calcio italiano: sono tanti e promettono altre imprese nelle prossime settimane. Esorcizzato il primo tabù, resta in vita l'altro sulla schiena di Ancelotti: continua a non vincere da queste parti, ultimo successo datato gennaio del 2002, sembra un secolo fa. E così perde il primato, lasciato all'Inter in una staffetta che può solo far divertire Milano e il suo popolo bipartisan di tifosi. Oltre a chiamare in causa l'arbitro (rigore clamoroso non concesso ed altre proteste diffuse ma non sulla punizione decisiva), il Milan deve battersi sul petto per una serie di errori che di fatto incidono sul risultato e lo rendono, alla fine, dal sapore amaro. Due punti persi, altro che storie. E ancora in provincia, a Lecce dopo lo 0 a 0 di Cagliari.
Le sbavature dei suoi attaccanti, Borriello e Kakà i principali, distribuite in parti uguali, nel primo e nel secondo tempo, sono una faccia della medaglia: l'altra è rappresentata da quel corto circuito difensivo avvenuto a pochi secondi dalla sirena sulla punizione del Lecce, l'unico pericolo autentico corso da Abbiati, rimasto di sale nella circostanza come non deve succedere a un portiere del Milan. Il pareggio subito, così, diventa una beffa vera e propria e finisce con l'oscurare quel blitz procacciato da Pato, appena arrivato in campo. Di solito, il Milan più recente è in grado di resistere agli artigli dei suoi rivali. Invece il gol spunta, come un coniglio dal cilindro, al culmine dell'unico tiro in porta.
Il palleggio e il controllo del gioco del Milan conoscono uno sbocco concreto solo nella parte finale della prima frazione. Borriello diventa il terminale di almeno tre manovre avvolgenti e spettacolari, tutte timbrate da Ronaldinho in veste di suggeritore in un paio di casi. Nel primo, il pallonetto del centravanti viene leccato via da Diamoutene sulla linea, nel secondo (a due passi dalla porta) e nel terzo (contropiede solitario) è la mira del napoletano a fare cilecca in modo sorprendente e a frenare la corsa del Milan sul prato umido. Il Lecce lascia fare consapevole dei propri limiti e dei propri doveri: s'infila negli interstizi della sfida, come succede, in modo inefficace a Cacia un paio di volte.
Stessa musica nella ripresa dove allo strafalcione di Kakà - già, capita anche a lui, una volta tanto - lanciato davanti alla porta da un tocco di Borriello e una svista di Diamoutene, fa da contrappeso anche uno svarione dell'arbitro Bergonzi (non s'accorge di una sportellata di Stendardo su Bonera in area di rigore). Il Milan serra le fila, accentua il suo pressing ma devono arrivare i rinforzi dalla panchina per dare la svolta alla serata. Pato e Inzaghi danno il cambio a Flamini e Borriello e si organizzano per giocare come contro il Napoli, con quattro attaccanti. Alla prima accelerazione, il papero trova Ronaldinho solo per il sesto sigillo della stagione di Dinho. Il Lecce non muore mai e ritorna a galla su uno degli ultimi assalti all'arma bianca: sulla punizione di Zanchetta spunta la testa di uno degli ultimi arrivati, Esposito, un ragazzo di 22 anni, leccese purosangue, tifoso rossonero, controllato nell'occasione da Inzaghi non adatto alle consegne da caserma.
In certe sere, le favole si avverano. E quella di Andrea Esposito è una bella favola che rovina la classifica del Milan e la serata di Ronaldinho. Ancelotti, raggiunto dal Napoli, si rimette all'inseguimento dell'Inter. Via, il derby ricomincia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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