Il Milan scopre il mistero Dida Dopo Natale spazio a Kalac

«Martins mi ha ricordato Lorenzi: 20 metri in due secondi». Facchetti benedice Adriano: «Grande nella partita giusta»

Franco Ordine

Indagine su un portiere al di sopra di ogni sospetto. Il portiere, fino a qualche mese prima, giudicato il numero uno del suo ruolo, persino più in su di Gigi Buffon, fuoriclasse della Juve e della Nazionale, è Nelson Dida, uscito a pezzi dal derby di Adriano. Non gli rimproverano solo la deviazione fasulla sul secondo gol ma gli mettono nel conto anche gli altri due sigilli subiti. Nelson Dida non ha forse la faccia di Gian Maria Volontè ma di sicuro le sue recenti esibizioni (e l’elenco è molto lungo, attacca con Milan-Juve dell’8 maggio, passa da Istanbul e finisce alla notte dell’11 dicembre, sette mesi di black-out), hanno provocato le stesse reazioni scoperte nel famoso film, stupore e disorientamento. I numeri danno le dimensioni della crisi: 18 gol subiti in 15 turni di campionato sono una cifra enorme, specie se 10 reti appartengono a quella particolare fattispecie che è diventata un tormentone, calci piazzati e affini. «Adesso non criminalizziamo il portiere» è l’invito di Adriano Galliani, ieri mattina volato a Roma per il consiglio federale e tornato in ufficio con una tesi disincatata sulla realtà milanista. «Il calcio è anche questo: 10 volte esce il rosso, all’undicesima esce il nero e lo dice uno che ha eliminato l’Inter in coppa Campioni con due pareggi» è la sua opinione, complessiva testimonianza dell’autentica serenità. Che prescinde dal processo del giorno a Nelson Dida: pratica affidata allo staff tecnico.
E oggi l’argomento viene iscritto all’ordine del giorno di Milanello. La vita privata del portierone brasiliano è esemplare: mai un pettegolezzo, nota la sua avversione a frequentare locali o discoteche. Forse si può parlare di imborghesimento, colpa del contratto rinnovato a ottime cifre dopo aver dato, per due anni, grande efficienza e aver persino oscurato Buffon. Sul lavoro, Dida dimostra la dedizione di sempre. È cambiata la resa. Anche in allenamento, infatti, non sono mancati i rimproveri del suo allenatore, Vecchi, e di Ancelotti. Anzi, dopo Firenze e Lecce, il tecnico ha parlato chiaro a Dida. «Guarda che rischi il posto» gli ha detto per scuoterlo. Colpa del bengala di marzo scorso? «Via, non esageriamo» è la risposta dei brasiliani che lo frequentano. Sarà preso dal mondiale? «Ma se continua così, lo vede col binocolo» è la risposta proveniente dallo stesso ambiente. Dida ha un paio di turni (Messina e Livorno) a disposizione per riguadagnare la sicurezza antica. È come se avesse perso la corazza di cui disponeva, «e che ha coperto qualche magagna» fa Galliani. Non uscirà subito dalla porta del Milan. Il cambio è programmato per l’8 gennaio, dopo la sosta natalizia, contro il Parma: Kalac titolare e Dida, a riflettere, in panchina. Esperimento per due-tre partite, come fece Mancini con Toldo un anno fa, promuovendo Fontana per un paio di sfide delicate.

Bocciata invece l’idea di far tornare Abbiati dal prestito alla Juve. O di ricorrere al mercato di gennaio. «Braida e i suoi osservatori hanno, tra cassette e relazioni, 120 nomi di difensori su cui stanno lavortando» chiosa Galliani. Kaladze centrale è la scelta del futuro.

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