Milanello - Per Ibra il Milan non cambia. E pazienza se poi litiga in tv con Arrigo Sacchi, un monumento per il popolo rossonero. «Niente di grave, si chiariranno» liquida così il battibecco televisivo Allegri che si tiene stretto il magnifico eversore dell’Auxerre e anzi ne segnala il lento ma deciso inserimento nei meccanismi di gioco. Un po’ per volta il solista può prendere posto nell’orchestra felice ed eccitata dal suo arrivo. «Non devo rivedere niente del modulo, vado avanti sul lavoro iniziato il 20 luglio, sarebbe un errore cambiare in corsa» è la sua convinzione cementata dai progressi misurati nella seconda frazione di Champions. «Ibra è con noi da appena una settimana, serve un po’ di tempo ma è il terminale offensivo che ci farà fare il salto di qualità garantendoci forza e tecnica» assicura il tecnico pronto col Catania a confermare il trio d’attacco pure in assenza di Pato e non certo per la disponibilità completa di Robinho.
Il brasiliano, ultimo arrivato a Milanello, dal Santos via Manchester City, è in deficit vistoso di condizione fisica: ridotta a zero la sua preparazione. Bisogna gestirlo perciò con cura ed abilità provvedendo a fargli giocare porzioni di partite e contestualmente rodandolo per bene. Meglio la panchina, allora, almeno per ora. E largo a Pippo Inzaghi, quindi secondo uno schema preparato a tavolino che richiede ancora ad Ibrahimovic la fatica supplementare di rientrare a copertura. Non certo a Ronaldinho che si occupa di cesellare assist e passaggi, proprio come mercoledì notte con l’Auxerre.
Per Ibra il Milan non cambia. Anche perché gli serve far capire persino agli abbonati (60mila in Europa, 30mila in campionato) che la caduta di Cesena è stata un semplice incidente di percorso, dimenticando pure le polemiche legate a Braschi e alle sviste arbitrali. Il fischietto designato è Morganti, presente a Cesena come quarto uomo: si tratta di una curiosità, non certo di una carognata del designatore, secondo qualche interpretazione maliziosa. Anzi, dei tre attaccanti subito schierati, lo svedese è l’unico che «può dare una mano in copertura» lasciando a Pippo il presidio dell’area di rigore altrui e a Ronaldinho quello di lavorare palloni sulla corsia di sinistra.
Le difficoltà più vistose per il Milan allora non provengono direttamente dagli infortuni. Neanche dal ko patito da Pato, «è il 2010 che non gli porta buono» suggerisce Allegri o dall’assenza di Ambrosini, rimpiazzato da Boateng. Semmai dal ridotto numero di ore a disposizione per recuperare le energie fisiche e nervose consumate nella notte della Champions. Appena 2 giorni per preparare la sfida e per ripartire in campionato, dopo la scoppola di Cesena. Troppo poco, d’accordo. Perciò c’è bisogno di un robusto rimpasto. Per esempio in difesa dove Zambrotta, alla prima partita della stagione, non può certo replicare a 72 ore di distanza: meglio allora recuperare Thiago decentrando Bonera a destra, come avvenuto contro il Lecce nella sera del 29 agosto, la prima promettente. Per esempio in centrocampo dove Boateng e Seedorf fanno da assistenti a Pirlo, l’unico per il quale il turn-over è una pratica inapplicabile, «mi pare che stia raggiungendo lo smalto migliore» il giudizio del tecnico, stregato da Seedorf e dal suo secondo tempo, a dispetto dei fischi del pubblico e delle insoddisfazioni della critica.
Per Ibra e con Ibra, allora.
Dando spazio così a un inedito trio che prevede appunto Inzaghi punta di diamante e lo svedese disposto a rientri tattici. «Perché una grande squadra ha il dovere di adattarsi» ricorda Allegri più allarmato dagli spazi concessi a francesi e romagnoli che dall’eventuale scarsa intesa in attacco. Basta Ibra, almeno per ora.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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