Enrico Lagattolla e Franco Sala
Milano - L’intervallo che finisce, l’inizio della lezione, un malore in classe, la crisi cardiaca. «Non riesco a respirare», sono le ultime parole di Dario, morto a quindici anni in un’aula dell’Istituto tecnico «Carlo Emilio Gadda» di Paderno Dugnano, comune a Nord di Milano. Durante la ricreazione, una «canna» con alcuni amici nei corridoi della scuola.
Un quarto d’ora per una fumata clandestina, dalle 10.45 alle 11. Vicino all’aula in cui, di lì a poco, dovrà rientrare. Poi i primi malori. Dario siede nelle ultime file della «1ª A». In classe con lui altri ventiquattro studenti. L’insegnante di diritto economico è rivolto verso la lavagna. Sente un tonfo alle sue spalle. È il ragazzo che si accascia sul banco, e che cade a terra. Un malore. I compagni di classe si guardano in faccia e sbiancano. Tutto questo sembra assurdo, senza senso. La chiamata al 118 è immediata, ma inutile. I volontari cercano di rianimarlo sul posto con un lungo massaggio toracico, poi decidono di trasportarlo all’ospedale Niguarda di Milano, dove arriva intorno alle 13 in codice rosso. Morirà poco dopo. In classe resta un cumulo di domande senza risposta. E un dubbio. Che nella «canna» ci fosse qualcos’altro, oltre all’hashish. Crack, forse. Ipotesi, che solo gli esami tossicologici potranno chiarire.
Arresto cardiaco, per un ragazzo che - stando alle testimonianze degli amici e dei genitori - non aveva mai avuto problemi di salute, tanto meno al cuore. Anzi, era uno sportivo, da quando aveva nove anni. Difensore titolare nella squadra di calcio del «Real Dugnano». «Un ragazzo modello, tranquillissimo, che non saltava mai un allenamento, due volte alla settimana, e non si tirava mai indietro quando c’era da giocare», è il ricordo di Oscar Gilardi, dirigente sportivo. Di più, «era in forma perfetta, senza alcun problema fisico». Versione confermata dai familiari. «Era sano come un pesce, stava bene ed era tranquillo». Giusto una leggera influenza la scorsa settimana che lo aveva tenuto a casa qualche giorno, a Cusano Milanino, dove viveva con la madre, il padre e due fratelli. Ma già da lunedì era tornato a scuola. Il suo cadavere, ora, è all’Istituto di medicina legale di Milano, dove oggi verrà sottoposto all’autopsia.
Alla «Gadda», struttura frequentata da circa mille studenti, i carabinieri della compagnia di Desio raccolgono le prime testimonianze. I compagni di classe, l’insegnante. E poi quelle dei due ragazzi che avevano visto Dario durante l’intervallo. Sono loro a raccontare che il quindicenne aveva fumato durante il quarto d’ora di pausa con altri ragazzi. E le loro testimonianze arrivano anche in Procura, a Milano. Il pubblico ministero Tiziana Siciliano, che sull’episodio aprirà un’inchiesta, decide di convocare i due giovani. Resteranno negli uffici del magistrato per oltre quattro ore, accompagnati dai genitori. Ripetono quanto già detto ai militari, ma non ricordano chi fosse con Dario durante l’intervallo. Di nomi non ne fanno. Forse, sono i nomi dei pusher.
L’intenzione del pm è capire se il ragazzo abbia fatto uso solo di hashish, o se nella «canna» ci fossero anche altre sostanze stupefacenti. Magari più pericolose. Perché alla «Gadda», stando ai racconti degli studenti, di «roba» ne girava. E non poco. Tanto che proprio nei giorni scorsi il giornalino della scuola denunciava l’abitudine degli alunni di fumare nei corridoi dell’Istituto, nella quasi totale indifferenza dei professori. Al massimo, «andate fuori a farlo». Senza troppi scandali. Ma «Dario non usava droghe, è impossibile che abbia fumato uno spinello», ripetono i familiari.
Anche se nelle pagine del suo diario, sequestrato ieri dai carabinieri, il quindicenne aveva riportato un verso di «Mr Baba», rapper italiano, voce «underground» delle periferie milanesi. Un invito al «fumo libero». L’ultimo appunto di Dario.
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