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Milano, la capitale di Gaza Quarto corteo in 7 giorni

Bandiere di Israele bruciate, slogan anti Usa e appelli alla Jihad Città ancora una volta ostaggio delle manifestazioni islamiche. La Russa: "E' momento di dire basta alle provocazioni islamiche"

Milano, la capitale di Gaza 
Quarto corteo in 7 giorni

Milano Un’altra processione d’odio sulle strade di Milano. Il quarto corteo in una settimana in un centro cittadino ormai stordito dalla sistematica invasione di musulmani e militanti filo-palestinesi. Ieri 5mila persone sono tornate a sfilare, da piazzale Loreto alla Stazione Centrale. Un chilometro e mezzo di invocazioni ad Allah e di slogan furenti contro Israele e gli Usa. Un percorso di bandiere bruciate, insulti e preghiere, in una miscela inquietante di fanatismo e politica. Sette giorni prima un altro fiume di islamici aveva sfondato i cordoni della polizia fino a tracimare in piazza Duomo, trasformata in moschea a cielo aperto. Rivolti alla Mecca avevano pregato davanti alla Cattedrale, guidati da Abu Imad, l’imam di viale Jenner che solo due mesi fa è stato condannato in appello per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo. Un’offesa per molti, una ferita rimarginata a stento, e controvoglia, con la visita degli organizzatori del corteo agli stretti collaboratori dell’arcivescovo Dionigi Tettamanzi.
Solo un robusto servizio d’ordine ha evitato che la marcia di ieri degenerasse in una nuova occupazione del Duomo. Ma non ha potuto evitare che fossero dati alle fiamme dei vessilli con la stella di David. «Bush, Barack assassini» lo slogan ripetuto fino a uno stato di trance collettivo al limite del malore fisico. Alcuni ragazzi erano portati a spalle, mimando i funerali dei «martiri». «Darò la mia vita e il mio sangue per la terra di Palestina», il coro-preghiera gridato al tramonto. In testa al corteo donne e bambini. Due piccoli reggevano un telo raffigurante le bandiere Usa di teschi e strisce, e un altro simbolo di morte nella stella a sei punte. Un altro piccolino alzava un cartello che stabiliva l’equazione fra svastica e stella di David. Le invocazioni all’antiamericano Chavez seconde solo a quelle rivolte ad Allah. Gli appelli al boicottaggio di Israele. Una bambina di due anni per ripararsi dal freddo abbracciava la madre mentre questa rabbiosamente urlava il suo «assassino» a Bush.
Poco lontano qualche reduce del Sessantotto osservava compiaciuto i giovani con le bandiere di Hamas e degli Hezbollah libanesi. In coda al corteo le frange della sinistra estrema. Una bandiera nera dell’anarchia sovrastata da una kefiah. Si è rifatto vivo l’ex parlamentare di Rifondazione Fernando Rossi, per teorizzare che le elezioni vinte da Hamas sono state più democratiche di quelle americane o italiane. All’arrivo alla stazione la preghiera collettiva guidata dall’imam. Dall’altro lato della piazza, a buio, il comizio dei Palestinesi d’Italia: «A Gaza è in corso l’Olocausto del Secolo», ha detto il presidente. «Se la nostra preghiera al Duomo ha offeso qualcuno ci scusiamo». Due o tre applausi, sopraffatti dal grido «Allah hu akbar».
Troppo per Milano, anche secondo il vicesindaco Riccardo De Corato: «Ora basta cortei pro Hamas, quattro in sette giorni sono già troppi. Milano non è una provincia della Palestina e tanto meno ha voglia di istituire forzatamente questa sorta di “sabato di Gaza”».

«Milano - ha aggiunto il vicesindaco - non può essere ostaggio di queste continue manifestazioni come se fosse un’appendice dei territori palestinesi».

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