Milano: un derby, due generazioni

L'Inter conta su capitan Zanetti che, dall'alto delle sue 600 presenze in maglia nerazzurra, promette: "Non mi fermo qui". Il Milan invece punta sul brasiliano Pato che, superata la crisi iniziale, ha fatto tre gol in tre partite

Milano: un derby, due generazioni

Appiano Gentile - Racconta che quando venne a sapere di essere stato comprato dall’Inter era in trasferta in Sud Africa con la nazionale argentina. Il ct di allora, Gabriel Passarella, lo chiamò nella sua stanza e gli disse: «Caro Javier, andrai a giocare in Italia». Era il 1994, e a quel tempo Zanetti era un giovane di belle speranze che iniziava «a muovere i primi passi nel calcio professionistico», nonostante avesse al suo attivo oltre 60 presenze nel campionato argentino, condite da 4 reti, e una manciata di apparizioni con la maglia dell’Argentina. Il suo arrivo in nerazzurro fu una scommessa di Massimo Moratti, ottimamente consigliato dall’ex Angelillo.

Oggi, all’alba della quattordicesima stagione con la maglia dell’Inter, Javier Zanetti non è più una scommessa ma perfetta sintesi di passato, presente e futuro della Milano a strisce nere e azzurre: dall’esordio datato 27 agosto 1995 (Inter-Vicenza 1-0), Javier ha collezionato 600 gettoni in nerazzurro, lasciandosi dietro gente come Mazzola e Corso e mettendo nel mirino quota 634, dove staziona l’indimenticato Giacinto Facchetti. Ed è proprio dalla figura dell’ex presidente che l’argentino inizia sfogliare l’album dei ricordi nerazzurri. «C’è una fascia di capitano - racconta con un filo di malcelata emozione, sotto gli occhi di un attento Josè Mourinho - da cui non mi separerei mai: ed è quella che portavo in occasione di Fiorentina-Inter del 9 settembre 2006, in ricordo di Giacinto Facchetti. Per il rapporto che avevo con lui, per l'esempio che è stato per tutti noi, per essere stato sempre presente in qualsiasi momento: una persona così non si può dimenticare...».

Così come indimenticabili saranno la partita dell’esordio, «il mio primo impatto con San Siro, in uno stadio così grande e con così tanti tifosi», la finale di coppa Uefa contro la Lazio, «una notte indimenticabile, dove ho avuto la fortuna di fare un bellissimo gol» e la trasferta a Siena del 2006, coronamento di una stagione “schiacciasassi”, «dove abbiamo vinto lo scudetto: vincere il campionato in quella maniera è un ricordo molto bello».
Ma tra il gol più bello, «quello contro la Roma della passata stagione: una rete importantissima per come si era messa la partita», le fasce di capitano più significative, «quelle in ricordo di Prisco e Facchetti, quella dedicata alla fondazione “Pupi”», i compagni più importanti, «Bergomi, Pagliuca, Zamorano, Baggio e Cordoba», c’è spazio anche per uno dei momenti più difficili passati all’Inter: «Sono stato vicino alla Spagna - racconta riferendosi al 1998-99, quando Moratti cambiò 4 allenatori in una sola stagione -, ma non per una mia decisione. È stato un momento un po' confuso, sembrava che la colpa fosse solo mia, i giornali scrivevano che volevo andarmene. Alla fine, ho parlato con Moratti e il presidente mi ha detto che voleva tenermi, per questo ora sono ancora qui».

Ma dove vuole arrivare capitan Zanetti? «Fare calcoli non serve - si schermisce - penso già alla prossima...».

E il gettone numero 601, guarda caso, sarà proprio la stracittadina contro i cugini del Milan, «una squadra da rispettare - avverte -, perchè sono cresciuti e sarà una partita molto combattuta, come ogni derby che si rispetti», una partita che Zanetti ama ricordare, ripensando a quel 2 a 2, «dove segnai il gol del pareggio», o a quel 3 a 0, «dove Ronaldo fece un grandissimo gol infilando Sebastiano Rossi con un pallonetto d’esterno».

E nessuno si spaventi se tra qualche anno, lo vedremo festeggiare quota 700 presenze: «L’ho già detto e lo ribadisco: voglio chiudere la mia carriera all’Inter».

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