Quanti altri «pacchi» sono in circolazione, in attesa di venire recapitati, di esplodere in faccia all’effettivo destinatario o - più probabilmente - ad un malcapitato portalettere? L’allerta scatenato dalle buste indirizzate nei giorni scorsi alla Lega Nord e a Silvio Berlusconi è destinato a restare alto fino all’esaurimento della tornata elettorale, e probabilmente anche più in là. Il timore degli investigatori è che la campagna di primavera degli anarcoinsurrezionalisti non sia destinata ad esaurirsi con le votazioni di oggi e domani. E che anche stavolta Milano sia destinata purtroppo a rivestire una indesiderata centralità in questa offensiva.
Il motivo è semplice. Milano è la città del presidente del Consiglio e questo - come accaduto già nelle indagini sul terrorismo di matrice islamica - la rende inevitabilmente un obiettivo sensibile. Inoltre è la città-simbolo della Lega Nord, il partito che dall’ala antagonista viene indicato come il principale responsabile della politica anti-clandestini. E la Lega è anche il partito di Roberto Maroni, il ministro degli Interni che dal Viminale dirige la linea dura contro gli sbarchi e soprattutto ha la responsabilità dei Cie, i centri di identificazione e di espulsione: i «lager di Stato» - come vengono chiamati nei volantini degli estremisti - che da sempre costituiscono uno dei principali obiettivi della campagna «antisecuritaria» degli anarcoterroristi.
Nella sua breve e controversa storia, la Federazione anarchica informale ha colpito anche altrove: in Friuli, in Piemonte, in Emilia. Ma è a Milano che ha messo a segno le sue azioni più vistose. E poi ci sono i rapporti delle forze di polizia specializzate - la Digos e il Nucleo informativo dei carabinieri - che da mesi mettono sotto la lente di ingrandimento alcuni settori marginali dell’universo antagonista milanese, sospettati di essere la faccia visibile della sigla terrorista e di fornire brodo di coltura e manodopera alle sue imprese.
É la stessa ipotesi, d’altronde, accreditata dai servizi segreti civili, l’Aisi, nel loro ultimo rapporto su questo tema, dove si parla esplicitamente di un «doppio livello», dove gli stessi soggetti agirebbero sia a livello pubblico che con azioni clandestine.
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