Chiara Campo
da Milano
Se, come sembra, si tratta di un caso «non inusuale», cè da rabbrividire. Il macabro ritrovamento che lonorevole di Forza Italia e presidente della Commissione parlamentare Schengen-Europol-Immigrazione Alberto Di Luca ha raccontato ieri a Palazzo Marino nel corso di un convegno su «Cinesi e immigrazione a Milano» risale a dopo lestate, teatro labitazione privata di un immigrato orientale in zona Paolo Sarpi, la Chinatown cresciuta negli anni sotto la Madonnina. «Nel frigorifero - riferisce Di Luca - sono stati ritrovati pezzi di un cadavere umano. E non sembrerebbe un caso isolato, anche se per ora le indagini avvengono in sordina, perché si stanno seguendo piste legate alle credenze degli orientali nellaldilà». La leggenda sullimmortalità dei cinesi si avvicina alla smentita? Difficile farlo con i dati, oggettivi, in mano del Settore statistica del Comune: in quattro anni, nella comunità milanese che conta quasi dodicimila persone ne risultano decedute solo trentacinque. «E si è quasi sempre trattato di morti per incidente dauto - precisa lonorevole Di Luca -, sono intervenuti i vigili o la polizia, per cui non si potevano occultare i cadaveri». Il sospetto, ma può rimanere soltanto tale perché non si sono mai trovate le prove, è che le salme vengano fatte sparire per riciclare i documenti. Le leggende metropolitane parlano anche di forni crematori fai-da-te, ma col ritrovamento di un cadavere fatto a pezzi nel frigorifero spunterebbero ipotesi più concrete.
«Sembra che sia usanza degli orientali nascondere i corpi nelle valigie e affidarli alle acque, dei laghi o dei fiumi», riferisce Di Luca. Precisando che per ora «ci si deve limitare a considerarla unipotesi», e da qui si spiegherebbe la volontà di svolgere le indagini «sottovoce». «Certamente - riferisce il parlamentare - le perquisizioni nellappartamento dove è stato fatto il macabro ritrovamento non sono partite a caso, ma cerano sospetti ben precisi su quanto è stato scoperto».
Rinvenimento non meno inquietante quello che sarebbe avvenuto nel negozio di un parrucchiere orientale lo scorso settembre, sempre in zona Sarpi, durante un controllo di routine della guardia di finanza. «Alcune macchie di sangue hanno destato sospetto - racconta lonorevole di Forza Italia -, e si è scoperto che nel retrobottega venivano praticati regolarmente aborti clandestini. È stato trovato un sacco contenente dei feti umani».
Quella della comunità cinese a Milano è una storia che risale a dopo la prima guerra mondiale. Secondo i dati ufficiali, oggi è composta da 11.513 persone, ma quelli ufficiosi parlano di almeno ventimila cinesi presenti in città. La concentrazione principale è nella zona di via Paolo Sarpi, ma insediamenti importanti riguardano ormai anche altri quartieri, intorno a viale Monza e via Padova. «Recentemente i problemi derivanti dalla non integrazione della comunità nella città si sono fatti più acuti - spiega lassessore comunale alla Sicurezza Guido Manca - specie dopo le ultime ondate immigratorie che hanno catapultato in città migliaia di giovani cinesi in molta parte violenti e aggressivi». Una delle caratteristiche della comunità, sottolinea Manca, «è quella di creare apparati e servizi paralleli, che non solo non interagiscono con i nostri, ma sono addirittura illegali. Scopriamo cliniche mediche, banche o anche solo un negozio di barbiere che non sono autorizzati».
Lassessore Manca fa appello al «coinvolgimento della comunità cinese, che ha bisogno di recuperare una sua normalità perché vive a Milano da tanti anni. Noi stiamo facendo la nostra parte e ci aspettiamo la collaborazione fattiva delle associazioni e della loro rappresentanza consolare».
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