La Milano del Quartetto Cetra: cala il sipario su un’epoca d’oro

La Milano del Quartetto Cetra: cala il sipario su un’epoca d’oro

Per anni è stata «la donna del Quartetto Cetra», la vocalista dalla voce argentina, mantenuta fino agli ultimi giorni della vita. Era incredibile sentirla, ormai novantenne alla radio, ricordare il mezzo secolo di canzoni con tono fermissimo e mente lucida. Ultima sopravvissuta del gruppo diventato un pezzo di storia dell’Italia del Novecento, Lucia Mannucci, la «milanese» del gruppo si è spenta ieri alle soglie dei 92 anni.
Nata a Bologna il 18 maggio 1920 infatti, si trasferì giovanissima a Milano dove è poi vissuta tutta la vita insieme a Virgilio Savona e il figlio Carlo, nato nel 1946. Qui la cantante aveva infatti studiato alla scuola «Arte del movimento» di Carla Strauss e poi vinto il concorso che la fece entrare all’Eiar: l’Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche.
E alla sua città di adozione, Lucia Mannucci insieme ai suoi inseparabili compagni, oltre al marito il gruppo, nato negli anni Quaranta, era composto da Tata Giacobetti e Felice Chiusano, ha dedicato molte canzoni. A partire dal «Vecchio palco della scala» che osserva impassibile il tempo che scorre «dal gennaio del novantatrè» a quello del «cinquantatrè». Sessant’anni durante i quali i coupée diventano cabriolet, cambiano i nome dei cantanti, qualche nuova opera entra in cartellone insieme a «La Manon di Massenet, la Carmen di Bizet». Ma a spettacolo finito cala il sipario, la sala si svuota «e non rimane che... questo vecchio palco della vecchia Scala, del gennaio del novantatrè».
Milano ritorna anche quando il Quartetto cantava di una certo Spartaco che sognava di giocare come Virgilio Felice Levratto, classe 1904, attaccante ligure dal tiro micidiale: in due partite ufficiale, un suo pallone scagliato in porta aveva rotto le rete. Levratto dopo sette anni nel Genoa, divenne beniamino dei tifosi dell’Ambrosiana, come si chiamò l’Inter durante il ventennio fascista. Altro grande successo fu poi la storia d’amore della «bella Gigogin» e del suo fidanzato che con un «bavero color zafferano e la marsina color ciclamino veniva a piedi da Lodi a Milano» per trovarla.
Gli anni ’50 e ’60 furono il periodo magico per il gruppo, tra incisioni, radio e televisione. Negli anni ’70 i gusti del pubblico inevitabilmente cambiarono e i Cetra dovettero lasciar il posto ad altri cantanti e ad altri stili. Tata Giacobetti si stabilì a Roma, sua città natale dove morì nel 1988 a 66 anni, mentre gli altri tre scelsero Milano. Qui nel 1990 si spense a 68 anni anche Felice Chiusano.
La coppia Savona-Mannucci rimase inossidabile a lavorare in città, dedicandosi in particolare alla ricerca musicale e alla composizioni di opere e canzoni per i bambini. A Milano nel ’75 la coppia darà vita al «Gruppo Sperimentale di Musica Popolare» col quale realizza varie registrazioni. Nel 1985 collaboreranno all’allestimento nel Palazzo dell’Arengario a «Segno & Canzone. Ottant’anni di Grafica, moda e costume nelle copertine degli spartiti di musica leggera» per l’organizzazione «Milano Suono».

Virgilio Savona, un anno più grande della moglie, si è poi spento nel 2009 lasciando alla moglie Lucia l’eredità artistica dello storico Quartetto, di cui fino a ieri ha continuato a parlare con lo stesso entusiasmo e la stessa voce squillante.

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