Milano, tolti ai genitori per errore La bimba a casa dopo 62 giorni

da Milano

Alle sei di ieri sera la piccola G. ha visto dai finestrini dell’auto avvicinarsi i palazzi di Basiglio, la sua strada, la sua casa. Poi si è aperta una porta, e dietro c’erano il papà e la mamma. G. ha passato sessantadue giorni in comunità, su decisione del Comune di Basiglio - cittadina assai benestante alle porte di Milano - e del Tribunale dei minori. Alla base di tutto, un disegno trovato sotto il suo banco, fatto con mano infantile: due bambini in atteggiamento oscenamente chiaro, e la scritta «G. tutte le domeniche fa sesso con suo fratello per dieci euro». Per la preside della scuola, per le assistenti sociali del Comune, il disegno l’aveva fatto lei, G., parlando incredibilmente di sé in terza persona. Prima un giudice e poi il tribunale avevano allontanato G. dalla sua famiglia: per proteggerla, dicevano le ordinanze. E anche A., il fratello, era stato prelevato da casa senza preavviso e portato in un’altra comunità.
Ieri, gli stessi giudici ordinano di riportare G. a casa sua. Il fratello, ancora per un po’, a casa non potrà tornarci e per un motivo singolare: l’altro giorno il consulente che doveva interrogarlo e poi relazionare i giudici si è perso per strada, quando finalmente è arrivato si era fatto tardi, dopo dieci minuti di colloquio lo psicologo ha dovuto andarsene. Quindi, fino al nuovo colloquio, A. resta nella comunità che da due mesi è la sua nuova casa, unico italiano in una babele di sofferenze multietniche.
Ma cosa è cambiato tra il 14 marzo, quando la Procura dei minori accoglie la richiesta degli assistenti sociali di Basiglio di togliere ai genitori i due bambini? L’unico fatto nuovo, oltre alla relazione dello psicologo che ha incontrato G., è la perizia grafica: che ha escluso nel modo più assoluto («i disegni e le scritte rilevanti sono da attribuire ad un’unica mano, diversa da quella di G.») quanto asserito con frettolosa certezza dalla preside della scuola e dalle assistenti sociali, e fatto proprio dal tribunale pochi giorni dopo: che avevano indicato in G. l’autrice dello sconcertante disegno. Anche un confronto veloce tra il disegno e la grafia consueta della piccola avrebbe suggerito le stesse conclusioni. Invece è servito che venisse deciso di fare una perizia (il 15 aprile, un mese dopo l’allontanamento), che venisse assegnato l’incarico (il 28 aprile), che la grafologa depositasse la perizia (il 10 maggio). Tutto sembra essersi svolto con una certa calma, mentre i disperati genitori dei due bambini - e il loro avvocato Antonello Martinez, papà di un compagno di calcio di A. - chiedevano in ogni modo il ritorno dei figli a casa. Segnalando tra l’altro come il disegno e il testo incriminati fossero stati eseguiti, per sua stessa ammissione, da una compagna di classe di G., come si sarebbe agevolmente potuto accertare.
Ancora con maggior calma è stata assegnata la perizia psicologica. Ieri, la decisione di riportare C. a casa. I giudici scrivono nell’ordinanza: «si può dare per accertato che i disegni e le scritte sono stati realizzati da una compagna di classe di G., circostanza che la madre della seconda bambina riferisce di avere confermato alle insegnanti in epoca antecedente alla segnalazione della scuola e che non era stata specificata dalla stessa». Tutto, insomma, nascerebbe da una omissione - in buona o cattiva fede - da parte di Graziella Bonallo, la dirigente scolastica che per prima denuncia l’episodio: e che da quel momento in avanti tutti - assistenti sociali, Procura, tribunale - prendono per buona.
Su cosa sia davvero avvenuto nella classe, l’ultima parola è lontana dall’essere detta. I giudici ribadiscono, sulla base di una serie di testimonianze, che G. avrebbe comunque fatto confidenze alle compagne sui suoi «giochi» sessuali col fratello maggiore.

L’avvocato della famiglia ribatte che di chiacchiere e fantasie di bambini è pieno il mondo, e che prima di prenderle per certe andrebbero verificate, e promette sfracelli quando si potranno raccontare i veri moventi di questa storia. Unico dato certo, per ora, i sessantadue giorni di G., strappata da casa in attesa di una perizia. Niente, per i tempi della giustizia. Un’eternità per una bambina spaurita di nove anni.

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