Cronaca locale

Accoltellò un soldato gridando "Allah akbar". Il pm chiede 14 anni

Tentato omicidio con finalità terroristica. "Un lupo solitario come a Nizza e Vienna"

Accoltellò un soldato gridando "Allah akbar". Il pm chiede 14 anni

Sarebbe proprio la dinamica dell'aggressione a togliere ogni dubbio sulla finalità del gesto. «Come a Nizza e a Vienna ad agire sono lupi solitari che puntano a creare il panico e a terrorizzare la popolazione». Lo ha detto ieri il pm Enrico Pavone durante la sua requisitoria al termine della quale ha chiesto una condanna a 14 anni e tre mesi di carcere per Mahamad Fathe, 25 anni, lo yemenita arrestato il 17 settembre dell'anno scorso per tentato omicidio aggravato dalla finalità terroristica. L'aggressore infatti, al grido di Allah akbar, si avventò con delle forbici alla stazione Centrale su un militare in servizio durante l'operazione «Strade sicure». Il soldato solo per miracolo se la cavò con lievi ferite.

Per Pavone «(...)era chiara la volontà di uccidere di Fathe che colpì il militare in una parte assolutamente vitale del corpo umano come il collo. Una piccola differenza di qualche millimetro avrebbe provocato il decesso». La sentenza è prevista per il 12 novembre.

A immobilizzare definitivamente Fathe quel giorno furono una decina di carabinieri del Terzo Reggimento Lombardia. Lo yemenita si era avventato alle spalle del militare che stava risalendo sulla camionetta dell'esercito. Il soldato si divincolò, alcuni suo colleghi spinsero via l'aggressore. E fu proprio in quel momento che un passante senegalese di 52 anni, si scagliò sul giovane yemenita e lo placcò in stile rugby. In quel momento arrivano i militari dell'Arma.

Intanto sempre ieri è stata disposta una perizia psichiatrica nei confronti di Mahmoud Elhosary, l'egiziano di 26 anni che il 12 agosto ha tenuto in ostaggio con un coltello un vigilante all'interno del Duomo e che era stato arrestato con l'accusa di sequestro di persona e resistenza a pubblico ufficiale. Lo ha disposto il gip Raffaella Mascarino nelle indagini coordinate dal capo del pool antiterrorismo milanese Alberto Nobili e dal pm Enrico Pavone.

Già dopo l'arresto era emerso che per il giovane, a cui non sono state contestate condotte con finalità terroristiche, sarebbe stata necessaria una perizia per valutare la sua capacità di intendere e di volere. Accertamento che è stato disposto adesso dal giudice in incidente probatorio e con un termine per la relazione finale di 60 giorni.

Interrogato a San Vittore dopo l'arresto, il 26enne aveva iniziato a pronunciare frasi sconclusionate come «mi hanno drogato» e l'era stato consigliato, anche dal suo legale, l'avvocato Costanza Pedrotti, di avvalersi della facoltà di non rispondere.

Si era saputo, poi, anche che il 26enne, dopo un arresto nel 2016 per una tentata rapina all'aeroporto di Malpensa, era tornato in Egitto dove aveva seguito un percorso di cure per ansie, psicosi e depressione ma, rientrato in Italia, non aveva voluto più essere curato.

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