Dei magistrati colpiti da coronavirus si è fatto, in queste settimane, un gran parlare, lanciando giustamente l'allarme sui ritardi con cui un microcosmo affollato come quello del Palazzo di giustizia è corso ai ripari contro l'epidemia. Ma ieri il tribunale deve registarre il suo primo caduto da coronavirus, e appartiene ad un'altra categoria importante nella vita giudiziaria. Il morto è un carabiniere, uno degli uomini che con la loro presenza permettono ogni giorno che la vita del palazzo vada avanti in sicurezza.
L'appuntato Mario Soru era uno di loro. E nel palazzo svolgeva un ruolo delicato: inquadrato nel Reparto servizi magistratura, era destinato da anni al settimo piano, dove si affacciano gli uffici dei giudici preliminari e del tribunale di sorveglianza. Ed era facile incrociarlo soprattutto nel corridoio che porta all'ufficio del presidente della sorveglianza. Giovanna Di Rosa.
Non aveva ancora 53 anni, e aveva un figlio di diciotto. La notizia della sua morte viene data ieri dal Comando generale con una nota in cui l'Arma si stringe accanto alla moglie e al figlio diciottenne. E nel giro di pochi minuti sulle pagine social dei carabinieri si affollano cordoglio e ricordi. Ma nei giorni scorsi, ben prima che fisico di Soru cedesse all'infezione, la notizia del suo ricovero era arrivata in tribunale e aveva fatto scattare un nuovo allarme. Le nuove disposizioni della Procura generale in materia di sicurezza prevedono infatti che la vigilanza sul settimo piano - dove si erano verificate intemperanze da parte di alcuni imputati nei confronti del personale - venisse svolta in modo «dinamico», ovvero pattugliando in continuazione i corridoi. Per questo Soru era in costante movimento. Così quando, dopo la notizia della sua positività al virus è arrivata in tribunale, è risultato particolarmente complesso individuare chi fosse stato a contatto ravvicinato con lui nel periodo di incubazione. Alla fine sono stati individuati soprattutto altri carabinieri, colleghi che erano stati a lungo con Soru al settimo piano o negli uffici al pian terreno che ospitano il comando del suo reparto. Per tutti questi militari è scattata immediatamente la quarantena domiciliare. Tra questi, finora si sarebbe registrato un caso di positività con ricovero.
La morte di Soru rinfocola inevitabilmente i dubbi sui ritardi con cui in tribunale si è colta la gravità della situazione. All'indomani del 21 febbraio, con la notizia del paziente zero a Codogno, dai diversi uffici del palazzo di giustizia sono iniziati a piovere provvedimenti uno diverso dall'altro, che stabilivano misure di sicurezza difformi tra ufficio e ufficio, tra piano e piano. Anche dopo che alcuni uffici erano stati chiusi quasi del tutto, altri continuavano a lavorare come se niente fosse, con accalcamenti di avvocati e di cancellieri senza alcuna misura di protezione individuale. Così il virus ha potuto diffondersi.
Colpendo quattro magistrati (almeno tre dei quali dopo il ricovero sono stati dimessi e ora stanno riprendendosi) ma anche, ora si scopre, il carabiniere Soru. Il suo ultimo messaggio su Facebook: il 19 marzo, ringrazia il figlio degli auguri per la festa del papà.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.