All'Ambrosiana l'"Estasi" della Abramovic Tre video nel segno della spiritualità

La «sacerdotessa dell'arte» in una performance sulla figura di Santa Teresa

Francesca Amè

Marina Abramovic espone nella Veneranda Biblioteca Ambrosiana: non è una boutade, ma un progetto, ben riuscito, firmato da Casa Testori. Gli spazi sono quelli della sala Sottofedericiana, adiacente alla cripta di San Sepolcro da poco restaurata, che ha tutto il fascino architettonico dei luoghi sacri dell'anno Mille. Per visitarlo basta recarsi alla Pinacoteca Ambrosiana, seguire il perimetro del museo e affacciarsi nella piccola piazza San Sepolcro: nella cripta già con Bill Viola, poi con Michelangelo Antonioni e più recentemente con Andy Warhol l'Ambrosiana aveva dimostrato di saper accogliere l'arte contemporanea. Tuttavia, Marina Abramovi è davvero un'altra cosa: stiamo pur sempre parlando della «sacerdotessa dell'arte», dell'irriverente performer che ha spesso scelto il suo corpo (nudo, martoriato) quale strumento di espressione artistica. «I dubbi si sono sciolti appena è stato valutato il soggetto proposto», ci dice Giuseppe Frangi, curatore della mostra il cui titolo, «Estasi» parla dell'incredibile incontro, davvero una corrispondenza di amorosi sensi, tra l'artistar serba e la mistica spagnola Santa Teresa D'Avila. Scendiamo nella sala e, in un percorsio in penombra, uno dopo l'altro appaiono i tre video del progetto «The kitchen. Homage to Saint Therese» che compongono la mostra: si tratta di lavori del 2009, che Abramovi realizzò in un ex convento di suore clarisse a Gijòn, nelle Asturie: fino al 1996 le suore accolsero lì ragazzi orfani, figli dei minatori locali. Quando l'artista lo visitò siamo nel territorio del Camino di Santiago subito decise di usarlo così com'era per il suo progetto: scelse in particolare la cucina, spazio a lei caro perché le ricordava l'amata nonna, per ambientare le sue performance, eseguite tutte in solitaria. Ci restano tre video (un paio di circa 4 minuti, l'ultimo di quasi 10) e alcune fotografie: solo adesso, per la prima volta, possiamo apprezzare il progetto nella sua interezza. Nella sua cucina Marina Abramovic mette in scena un dialogo con Santa Teresa, di cui ha divorato, quasi interiorizzato, l'Autobiografia (scritta dalla religiosa nel 1562): il risultato è una riflessione potentissima sul valore del silenzio, della meditazione e del «non-fare». Si comincia con Vanitas, che ritrae le sole mani tremanti dell'artista attorno a un teschio, si prosegue con Carrying the milk, un video in cui Abramovic tiene in bilico, apparentemente immobile, una bacinella colma di latte. Lo sforzo muscolare è notevole: alla fine il corpo trema, le gocce di latte tintillano. Il culmine è nel terzo video: Levitation, la levitazione finale, è ottenuta grazie a una carrucola poi rimaneggiata in post-produzione.

Se Marina Abramovic ha sempre preferito parlare di energia interiore rifiutando qualsiasi lettura religiosa, il suo corpo vestito di scuro, i capelli raccolti e l'aria ieratica ci rimandano a un Altrove, forse sì fisico e intenso come le celebri estasi di Santa Teresa.

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