Ambrosoli: «Non mi candido» E la sinistra ora è nei guai

Non è servito il pressing del sindaco. Sfuma (per ora) il sogno di imporre ai partiti un candidato «arancione» alla presidenza della Lombardia. A Giuliano Pisapia che lo stava tirando per la giacchetta nonostante le resistenze manifestate in più occasioni negli ultimi giorni, ieri Umberto Amrosoli ha risposto con un no, grazie: «Non mi candiderò alle regionali» ha chiuso ieri l'avvocato. Dopo l'incontro con Pisapia sabato sera, ieri intorno alle 13 ha scelto di comunicare via Twitter la sua decisione. «Servire la collettività - scrive -, vivere la responsabilità politica, è la più nobile delle ambizioni; ringrazio quanti mi ritengono all'altezza. Tuttavia, la tempistica oggi disponibile impedisce di realizzare l'unico progetto nel quale riesco a immaginare una mia candidatura». Spiega le condizioni in quattro punti. Primo: «Creazione di un gruppo di persone competenti sulle principali tematiche regionali». Secondo: «Elaborazione di un programma concreto da proporre ai cittadini lombardi e intorno al quale impegnare una coalizione ampia e trasversale». Tre: «Condivisione con i partiti aderenti circa i criteri selettivi (estremamente rigidi e severi) dei candidati al Consiglio» e quarto punto «condivisione dei meccanismi di trasparenza, a partire dalla campagna elettorale». Ringrazia «tutti coloro che mi hanno incitato, rendendo intenso il "mumble mumble" di questi giorni». Esponente della società civile e senza etichette di partito, se avesse accettato la sfida Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, ucciso su ordine del banchiere Sindona nel 1979, avrebbe potuto nelle intenzioni dei colonnelli di centrosinistra trovare la convergenza di tutti, costringendo i vari capigruppo ed esponenti regionali che si stanno autocandidando alle primarie - da Pippo Civati a Maurizio Martina e Roberto Cornelli del Pd, il socialista del Pd Roberto Biscardini, Giulio cavalli di Sel, Stefano Zamponi dell'Idv, l'assessore Bruno Tabacci, la ginecologa Alessandra Kustermann - a fare un passo indietro. «Ripensaci», è stato uno dei primi commenti ai tweet di Ambrosoli che ha annunciato la rinuncia alla candidatura. SuFacebook i fan dell'avvocato si dividono, diversi gli fanno i complimenti per aver detto no.
E ora la sinistra è di nuovo nel caos. Con il rischio di una spaccatura (anche) lombarda tra bersaniani e renziani. «Rispettiamo la scelta di Ambrosoli - afferma il segretario regionale del Pd Martina -, è un peccato non poter contare sulla sua disponibilità. Andiamo avanti con il lavoro per costruire un patto civico per il rinnovamento, il centrosinistra sarà protagonista di una proposta nuova nelle idee, negli strumenti e nelle persone».

La capogruppo comunale Carmela Rozza insiste «a partire dal Pd» sulla necessità di una candidatura «più unitaria possibile» evitando di replicare la spaccatura delle primarie nazionali, «abbiamo bisogno di una figura che coniughi correttezza, serietà, capacità politiche e per lo sviluppo economico della Lombardia». Per affossare le ambizioni dei rottamatori lombardi, si fa largo l'ipotesi di un big del Pd pronto a traslocare al nord. Qualcuno fa i nomi di Enrico Letta, Antonio Panzeri, persino Walter Veltroni.

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