Enrico Lagattolla
Si è tolto i paramenti, ed è andato a stringere le mani dei detenuti. Centinaia. Lungo i raggi del carcere, scambiando qualche parola con chi sta dietro le sbarre. Così, nel giorno di Natale, il cardinale Dionigi Tettamanzi ha celebrato Messa nel penitenziario di San Vittore. Alla fine, un coro si è alzato: «Amnistia, indulto, libertà».
E il cardinale ha ascoltato con attenzione le parole di saluto lette da uno dei detenuti. «Giovanni Paolo II ha lottato per noi. Ha chiesto gesti concreti di riconciliazione. Lo hanno deluso. Hanno appeso una targa in memoria della sua visita». Tettamanzi, quel messaggio, ha voluto rileggerlo nel corso dellomelia. Parola per parola. Anche quando gli «ospiti» di San Vittore gli chiedevano se «ci saranno segnali di clemenza per noi? Possiamo ancora dire ai nostri figli che presto torneremo a casa?». E ancora, «la voce della Chiesa si alzerà sempre per invocare clemenza?». Poi, un appello. «Dalle autorità, che ringraziamo per la loro presenza qui, ci attendiamo un impegno concreto perché la salvezza delluomo non sia una chiacchiera, ma una rinascita di vita». Alla funzione era presente il sindaco Gabriele Albertini, mentre in mattinata erano arrivati anche il presidente della Provincia Filippo Penati, e alcuni deputati tra cui Giuliano Pisapia, per assicurare ai detenuti limpegno a sostenere liniziativa parlamentare in favore dellamnistia.
Fuori dal carcere, intanto, associazioni e volontari stavano manifestando proprio per sostenere lapprovazione in Parlamento di un provvedimento di amnistia e indulto. Sindacalisti, ecclesiastici, parlamentari e amministratori locali, e poi i due principali sfidanti per il centrosinistra alla poltrona di sindaco di Milano, Bruno Ferrante e Dario Fo. «Condivido le posizioni espresse in materia da Giovanni Paolo II», ha detto lex prefetto.
Dentro, invece, la voce dei detenuti per voce del cardinale. A loro, Tettamanzi ha voluto dare coraggio, invitandoli a «non rinunciare alla speranza, e a farsi apostoli di pace perché il riscatto delle tenebre non venga mai meno». «Ci sono situazioni - ha aggiunto - nelle quali la disperazione è tale da indurre alcuni a togliersi la vita. Ebbene, in quel momento il compagno di pena può e deve farsi apostolo di speranza».
Conclusa la funzione, il cardinale si è stretto ai suoi fedeli, percorrendo i corridoi di San Vittore, avvicinandosi alle celle per parlare con i detenuti. Sorridente, sempre. Quindi, il momento più sentito. Quando nellesagono, dove i raggi di San Vittore convergono, i carcerati hanno gridato «indulto», e «amnistia». Una voce liberatoria, ascoltata dal cardinale.
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