Cristina BassiIl diritto d'autore non si applica solo a un libro o a un quadro. Può riguardare anche l'arredamento e il concept di un negozio. Immaginate di entrare nel punto vendita di una multinazionale dei cosmetici (Kiko) e poi in quello di un diretto concorrente (Wycon). Da clienti sareste molto disorientati, trovando che mobili, rivestimenti, luci, colori e persino divise delle commesse e i sacchetti sono praticamente identici.È quello che il Tribunale di Milano ha censurato con una sentenza, la prima nel suo genere, che condanna Wycon per aver copiato gli elementi di arredo dei negozi Kiko. L'azienda deve risarcire la concorrente con 716mila euro, rimuovere gli arredi «plagiati» (entro 60 giorni dalla sentenza, che è del 13 ottobre) e non usarli più. Pena il pagamento di 10mila euro per ogni store. La Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale ha stabilito che gli interni dei punti vendita Kiko hanno «carattere originale e creativo», si legge nella sentenza. Wycon da parte sua ne ha fatto una «ripresa pressoché integrale», con un «comportamento di pedissequa imitazione», di «concorrenza parassitaria» e di «sfruttamento sistematico del lavoro e della creatività altrui». Mentre le modifiche apportate sono ritenute «del tutto irrilevanti». L'azienda condannata aveva ribattuto che certi elementi, come pavimenti, espositori per i prodotti, monitor, luci, sono ormai di uso comune nel settore. Ma i giudici hanno deciso che l'allestimento nel complesso, creato per Kiko da uno studio di architetti, deve essere tutelato dal diritto d'autore.
Nello specifico: «ingresso open space con ai lati due grandi grafiche retroilluminate», strutture con «alloggi in plexiglass trasparente traforati» per i prodotti, «isole a bordo curvilineo al centro dei negozi», «colori bianco, nero e rosa/viola», «luci a effetto discoteca». Tutto questo non può essere riprodotto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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