"Anfitrione", la parabola di Plauto trasloca nel 2019

Big del cinema per una storia scritta nel 206 a.C. Il regista Dini: «Riferimenti sempre attuali»

"Anfitrione", la parabola di Plauto trasloca nel 2019

La verità non ha scadenza, e dunque non può averla una storia come «Anfitrione» che, da quando Plauto la scrisse nel 206 a.C., non ha mai smesso di dirci tanto della natura umana. E senza scomodare illustri predecessori come Molière, Kleist e Giradoux, si può dire che la stessa parabola riviva in modo efficace nell'adattamento di Sergio Pierattini in scena al Teatro Manzoni fino al 17 novembre (ore 20,45, domenica ore 15.30, ingresso 35-23 euro, info 02.76.36.901).

Interpretato tra gli altri da tre volti noti del cinema italiano come Gigio Alberti, Barbora Bobulova e Antonio Catania, lo spettacolo diretto da Filippo Dini trasporta nel 2019 il celebre menage a trois tra Giove, Anfitrione e sua moglie Alcmena. Il primo (Alberti) resta più o meno lui, il re degli dei, il secondo (Catania) è un politico populista che con la sua esordiente formazione politica, ha sbaragliato i concorrenti e si avvia a diventare presidente del Consiglio, la terza (Bobulova) è la moglie di quest'ultimo, First Lady appena consacrata, bellissima donna nelle mire del dominatore dell'Olimpo. Giove fa vincere ad Anfitrione le elezioni, poi prende le sue sembianze e possiede Alcmena in una notte di passione sfrenata. Alcmena, che da tempo si è rassegnata all'aridità e all'indifferenza di un marito assetato di potere, prima o poi scoprirà tutto. «Riferimenti all'attualità? - spiega sornione il regista Filippo Dini, anch'egli, come l'autore, con un solido curriculum cinematografico - Come non potrebbero esserci? Ma non sono precisi, studiati su un preciso personaggio. La nostra è un'epoca di figure politiche arroganti, talvolta becere». L'intera storia di questo «Anfitrione» si svolge in un esterno notte perché «ciò che avviene dentro, l'amplesso tra Giove e Alcmena, non lo vediamo».

Ma un buon testo, più che suggerire risposte, sa evocare ottime domande e dunque, chiede ancora Dini ai potenziali spettatori, «perché la divinità onnipotente decide di prendere le sembianze del marito? Con il suo potere poteva averla comunque, poteva ipnotizzarla». Ma lo stesso concetto di dio, in chiave moderna, può prendere le sembianze del nostro doppio, il nostro cosiddetto lato oscuro: «Per Moliére - prosegue Dini - il ruolo di Giove finiva a un nobile, per noi, figli di Freud e Jung diventa una seconda possibilità psicanalitica. In ognuno di noi c'è un secondo che temiamo nel profondo della nostra coscienza». Non manca, nel testo, una sofisticata comicità: «Ridere di Anfitrione e della sua volgarità è come ridere di noi stessi - spiega Antonio Catania - Certo, è un riso amaro. In questa storia c'è tutto: poesia, e riflessione, commedia e farsa».

Calarsi

nel ruolo di Alcmena non è stato immediato per Barbora Bobulova: «Per me - spiega l'attrice - il problema più grande era capire questa donna che ama un marito meschino e volgare, e che nel tempo è diventato anaffettivo».

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