Tutti a casa gli spaccavetrine del Primo Maggio: tranne uno che resta a San Vittore solo perché fino a ieri non aveva nemmeno presentato istanza di scarcerazione. Per il resto degli autonomi arrestati dalla Digos con l'accusa di avere partecipato alle devastazioni nel corteo no Expo, il giudice Donatella Banci Buonamici ha deciso, accogliendo il parere della Procura della Repubblica, che i due mesi e mezzo trascorsi in carcere sono sufficienti, almeno per ora, a ridurne la pericolosità, e che possono aspettare il processo agli arresti domiciliari. In prigione resta Davide Pasquale, che non ha presentato istanza di uscire.
Se in questo caso la linea del tribunale nei confronti di militanti della galassia antagonista ha coinciso quella della pubblica accusa, diversamente è accaduto ieri, quando il giudice Oscar Magi, della quarta sezione penale, ha emesso la sentenza contro gli imputati di un'altra giornata di violenza vissuta a Milano, gli scontri del 6 maggio 2013 alla Statale, quando la polizia cercò di sgomberare i locali della vecchia libreria universitaria, la Cuem, occupati abusivamente.
Non fu una giornataccia paragonabile al Primo Maggio nè per il clima nè per i danni, ma la richiesta di condanna presentata dal pm Piero Basilone era stata comunque salata: per i sette imputati di resistenza e violenza a pubblico ufficiale, la Procura aveva chiesto condanne fino ai tre anni di carcere. Nella sentenza del tribunale ci si ferma invece a nove mesi, che per cinque dei sette condannati vengono sospesi grazie alla condizionale. Il beneficio viene negato soltanto a Enrico Palmieri e Graziano Mazzarelli: quest'ultimo è nel frattempo stato processato e condannato anche per gli scontri del maggio 2014 nel cantiere della Tav a Chiomonte.
Proprio la presenza di Mazzarelli nel gruppo degli imputati aveva fatto salire bruscamente la tensione intorno al processo per lo sgombero della Cuem. Il 16 settembre scorso in occasione di una udienza il palazzo di giustizia era stato invaso da molte decine di militanti dell'ultrasinistra che avevano occupato l'aula della quarta sezione penale per manifestare la loro solidarietà a Mazzarelli, impedendo di fatto la prosecuzione dell'udienza. Il giudice Magi si era dovuto rassegnare e aveva disposto la prosecuzione del processo a porte chiuse per motivi di ordine pubblico, ordinando inoltre che le udienze successive si tenessero nell'aula bunker di Ponte Lambro. Per l'episodio del 16 settembre è stato aperto un nuovo fascicolo di inchiesta con l'ipotesi di reato di interruzione di pubblico servizio; tra i manifestanti sarebbero stati individuati alcuni occupanti anarchici delle case al Corvetto già al centro di altre inchieste della Digos. Dopo la lettura della sentenza di ieri, i difensori degli imputato, Eugenio Losco e Mauro Straini, hanno detto: «Impugneremo la sentenza e faremo ricorso in appello. Dimostreremo che non si è trattato di resistenza ma di una reazione a un atto arbitrario delle forze dell'ordine».
L'intervento della polizia era stato chiesto dal rettore. Nelle immagini registrate dalle telecamere, e depositate dal pm Basilone agli atti del processo, si vedevano gli agenti della Celere avanzare verso il blocco nel chiostro di via Festa del Perdono per rimuoverlo, e venire bersagliati con cubetti di porfido e sassi. Una decina di poliziotti erano finiti all'ospedale.
Un mese dopo, erano stati arrestati i sette partecipanti alla manifestazione più direttamente incastrati dalle immagini, e sono quelli per cui ieri si è concluso il processo: nessuno dei sette condannati risulta iscritto alla Statale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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