Scarpette da danza d'argento con le punte che entrano sulla parete, come se étoiles ormai invisibili fossero sospese in aria, sotto la volta. È nella Cappella delle ballerine una delle opere d'arte più delicate del Museo San Fedele, inaugurato nella chiesa dei Gesuiti il 31 dicembre e che sarà ufficialmente aperto al pubblico (con un'offerta come contributo per le spese di apertura) a partire dal 7 gennaio. Sembra di vederle le ballerine della Scala che, prima del debutto, deponevano i loro fiori sotto l'affresco della Madonna del Latte. Danzatrici riportate in vita da un'installazione di ex voto dell'artista della Transavanguardia Mimmo Paladino. Una devozione antica che ha superato la ristrutturazione urbanistica della Milano di fine Ottocento: la dolcissima Maria che allatta Gesù, dipinta nel 1311, un tempo di proprietà della famiglia Torriani, fu sfrattata dalla cappella che la ospitava e più tardi, nel 1875, fu accolta nella chiesa intitolata a Santa Maria alla Scala in san Fedele (oggi casa dei Gesuiti). Grazie all'ingresso laterale, le ballerine entravano a pregare e a offrire doni alla Vergine. Una devozione fortissima ancora negli anni 60- 70, durata fino agli anni Ottanta. Tra le stelle di prima grandezza fedeli alla Madonna Torriani la più nota è certamente Carla Fracci, ma guardando le punte argentee di Mimmo Paladino il pensiero corre alle tante debuttanti con il cuore in gola che hanno cercato protezione nella Madre di Dio.
È in questa continuità e mescolanza tra antico e contemporaneo molto del fascino di questo nuovo percorso museale di San Fedele. In chiesa si può ammirare sopra l'altare una Corona di spine eseguita da Claudio Parmiggiani nel 2014 che ricorda un ostensorio. Si parte dalla piccola e ricca quadreria, dove sono custodite opere antiche come la Madonna con bambino e le sante Caterina e Cecilia del Romanino e pezzi contemporanei come i bozzetti di Lucio Fontana sulle apparizioni del Sacro Cuore di Gesù a santa Margherita Alacoque e la suggestiva Annunciazione di Mario Sironi. C'è poi un'enigmatica Cena in Emmaus del Langetti, artista genovese del Seicento: sul piatto, accanto al pane, un'aragosta. Si prosegue nella stupenda sacrestia secentesca, con gli armadi lignei intagliati da Daniele Ferrari. Ma le novità principali sono nell'abside, con una stanza dedicata alle reliquie e le tele di David Simpson che sovrastano il coro ligneo, e nella cripta, dove è stata collocata la Via Crucis di Fontana. «Questo percorso nasce dal desiderio di coniugare il rispetto della tradizione con l'apertura al futuro. Al mondo contemporaneo sono proposte nuove immagini per riflettere sui contenuti della fede - spiega il padre gesuita Andrea Dall'Asta, che ha curato il percorso del museo (l'architetto Mario Broggi ha curato l'allestimento)-. L'arte sacra non è morta e la Compagnia di Gesù in questi anni ha svolto il ruolo di committente che è parte della storia della Chiesa. La Chiesa commissiona le opere e accompagna gli artisti, affiancandoli dal punto di vista teologico e rispettandone i singoli linguaggi espressivi».
Una committenza a Jannis Kounellis ha portato a un' Apocalisse di particolare impatto. L'installazione si compone di un sacco scuro (che al suo interno contiene una croce) impiccato a una Croce nera stilizzata. Sullo sfondo, due sarcofagi che ospitano i corpi di membri della famiglia asburgica.
«È volutamente agghiacciante - commenta Dall'Asta -: rappresenta il momento in cui la Chiesa, avvolta nel sacco nero che rappresenta le contraddizioni della storia, aspetta di mostrare la sua vera identità, svelata dalla Croce di Cristo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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