Arriva la musica di Gergiev, il fuoriclasse idolo di Putin

Il direttore russo, ospite della Filarmonica, guiderà la prestigiosa orchestra del Mariinskij di S.Pietroburgo

Arriva la musica di Gergiev, il fuoriclasse idolo di Putin

Intercetta una melodia su spotify, radio o cd. Di che orchestra si tratta? Boh, difficile rispondere: si somigliano tutte, offrono esecuzioni impeccabili, ma non hanno una chiara identità.

L'orchestra del teatro Mariinskij di San Pietroburgo non compare nelle classifiche delle top 10 del mondo. Ha però un pregio: è se stessa, la distingui al volo. Avremo modo di appurarlo il 4 febbraio, alla Scala, dove è attesa come ospite della stagione della Filarmonica. E così pure il giorno prima, al Fraschini di Pavia. In programma, Prélude à L'après-midi d'un faune di Debussy, la Quarta di Mendelssohn e i Quadri da un'esposizione di Musorgskij.

Sarà che da 31 anni, il complesso è diretto dallo stesso uomo, tra l'altro dalla personalità dirompente, Valery Gergiev (1953). Podio, golfo mistico, maestranze hanno attraversato assieme gli anni della sopravvivenza dopo il collasso dell'Urss, fase in cui lo Stato né vedeva né provvedeva più. Buio pesto, in aggiunta, sul fronte dei capitali privati. In breve, al Mariinskij c'erano giusto gli stipendi, magri anche quelli, non un rublo in più. Inquietava, poi, il fuggi fuggi degli artisti di rango. Gli anni Novanta furono duri, ma il Mariinskij aveva preso a viaggiare oltre l'ex cortina di ferro capitalizzando i rapporti che il Gergiev ventenne aveva costruito come direttore ospite.

A sua volta, Gergiev aveva dimenticato cosa fosse la spensieratezza a 14 anni quando, perso il padre per un attacco cardiaco, aveva assunto il ruolo di capo famiglia. Per lui fu naturale prendersi anche tutte le responsabilità del Mariinskij, da allora sua seconda pelle. Non esitò a bussare alla porta di ministri e presidenti chiedendo attenzione. Andò da Boris Eltsin per reclamare pensioni dignitose per gli artisti, e per ricordare che per rivaleggiare con i teatri d'America, bisognava avere un sostegno. Gergiev ottenne quel che aveva chiesto.

Ora il Mariinskij conta su una cordata di mecenati così come gode dell'attenzione del presidente Vladimir Putin. «C'è un abisso fra la descrizione che ne fanno i giornalisti d'Occidente e la verità dell'uomo Putin. Ho incontrato ben pochi politici, disposti, come lui, a sostenere la cultura», spiega Gergiev nel libro di Bertrand Dermoncourt. Grazie a lui «la Russia si è riposizionata sulla carta geografica e la nostra voce è tornata a farsi sentire», continua il direttore d'orchestra, criticato per il sostegno aperto al Governo di Mosca.

Gergiev è osseta convinto. Nella capitale dell'Ossezia, sorta di Zacinto dove - diversamente da Foscolo - torna, ha avviato un Festival affiliato a San Pietroburgo. Quella del Mariinskij in franchising è una formula che sta applicando con successo anche in altre regioni e città russe, Mosca compresa vedi il Festival di Pasqua. È il Mariinskij l'epicentro della musica russa. Da lì provengono e lì continuano a tornare i grandi artisti di scuola russa, dal soprano Anna Netrebko al pianista Daniil Trifonov.

In pieni anni Novanta, Gergiev accettò ruoli d'artista ospite di orchestre ed enti, compreso il Metropolitan che pur di averlo creò per lui un ruolo apposito considerato che aveva rifiutato l'incarico della direzione musicale, compreso lo stipendio di due milioni l'anno. Al momento ha un impegno anche a Monaco. Viaggia incessantemente. Ma il suo regno è lì, nella fu Leningrado. Entrò in quel teatro nel 1988, evitò che implodesse, quindi lo lanciò nel mondo.

Lo ha fatto con orgoglio russo, con una passione travolgente per la musica e in particolare per la direzione d'orchestra, «mi fa vivere momenti di abbandono totale, momenti in cui perdo totalmente la concezione del tempo e dello spazio». Lì può esprimere quel l'istintivo senso di leadership, di capitano d'una azienda che musicalmente è la numero uno della Russia, tra l'altro il Paese più musicale che vi sia.

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