Bancarotta: a Giardiello altri quattro anni e mezzo

È finito il processo durante il quale l'ex immobiliarista sparò facendo una strage in tribunale

Claudio Giardiello
Claudio Giardiello

Una condanna a quattro anni e mezzo di carcere per bancarotta. Sarebbe ordinaria amministrazione giudiziaria, se l'imputato non fosse Claudio Giardiello e se il processo non fosse proprio quello durante il quale il 9 aprile 2015 l'ex immobiliarista fece una strage. Alcuni attori, avvocati e imputati, sono rimasti gli stessi di quella mattina da incubo al Tribunale, anche se la Corte giudicante e l'aula sono cambiate. Impossibile per loro non pensare ai colpi di pistola esplosi da Giardiello a un processo che doveva essere di routine per vendicarsi di coloro che secondo lui erano i responsabili del fallimento della sua Immobiliare Magenta. Il 9 aprile 2015 vennero uccisi l'avvocato e testimone quel giorno nell'aula della Seconda sezione penale, Lorenzo Claris Appiani, il coimputato Giorgio Erba e il giudice Fernando Ciampi, freddato nel suo ufficio, che si era occupato della pratica Immobiliare Magenta.

Per la bancarotta il pm Gaetano Ruta aveva chiesto a carico di Giardiello una condanna a otto anni di prigione. L'ex immobiliarista, che in questo processo era assistito dall'avvocato Antonio Cristallo, per la strage è già stato condannato all'ergastolo nei mesi scorsi dal Tribunale di Brescia. Al processo di ieri erano imputate altre quattro persone. Anna Di Nunno è stata condannata a due anni. Assolti invece Silvio Tonani, Davide Limongelli e Massimo D'Anzuoni. Limongelli è il nipote ed ex socio di Giardiello e il giorno della strage rimase gravemente ferito. D'Anzuoni, difeso dall'avvocato Luigi Liguori, non andò in aula quel 9 aprile: «Non c'è bisogno che vieni all'udienza di oggi», gli disse il legale. Salvandogli la vita.

E proprio D'Anzuoni stava andando a uccidere Giardiello quando scappato dal Palazzo di giustizia, dove era entrato indisturbato con una pistola, era salito in scooter verso Vimercate. Poi bloccato dai carabinieri.

Alla fine dell'udienza di ieri,

dopo la lettura della sentenza del giudice Lorella Trovato le cui motivazioni saranno depositate tra novanta giorni, un avvocato sospira: «Finalmente. È stato il processo più difficile della mia vita». C'è da credergli.

CBas

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