Maria SorbiTrent'anni fa, pur di essere visitati da un medico negli ospedali lombardi, tanti malati di tumore affrontavano viaggi anche di otto ore ed erano disposti a dormire persino in auto pur di arrivare puntuali all'appuntamento per l'esame. I loro parenti, anche se non potevano permettersi il viaggio e tanto meno il costo dell'albergo, non rinunciavano ad accompagnarli. E sono stati parecchi i casi in cui padri, madri e fratelli si sono trovati a dormire all'aperto, sotto qualche porticato o sulla panchina di qualche parco. Disposti a tutto pur di trovare una cura, anche a lavarsi nel bagno di un bar e a vivere, per qualche giorno, di stenti. Ora le modalità dei cosiddetti «viaggi della speranza» sono più umane. Ma i numeri restano alti, altissimi. I pazienti exatra-regione, quelli che arrivano dal Sud e dalle altre regioni italiane sono un popolo di oltre 150mila persone ogni anno. Tutti in cerca della cura migliore, spesso della diagnosi o della terapia che possa salvare la vita. Tanti in lista per la seconda operazione, dopo interventi non andati a buon fine nell'ospedale vicino a casa. La spesa che devono sostenere rimane piuttosto elevata, tale che non tutte le famiglie se la possono permettere a cuor leggero. Facciamo l'esempio di un ricovero di dieci giorni per un paziente che arriva, mettiamo, da Napoli assieme a un parente. Il conto è presto fatto: circa trecento euro di treno, più o meno un centinaio di euro per il trasporto locale e almeno 60 euro di spesa giornaliera per quanto riguarda l'accompagnatore. Approssimativamente si arriva a un migliaio di euro. Una cifra dura da sostenere, soprattutto da chi magari va avanti con la pensione o con l'assegno di accompagnamento. Anche a livello istituzionale, i pazienti che arrivano dale altre regioni rappresentano un costo considerevole. Soprattutto per la Lombardia, che è la Regione in cui arriva il maggior numero di quanti intraprendono un viaggio per ragioni di salute. La Regione infatti anticipa le spese ospedaliere per ognuno dei pazienti ospitati. Spese che invece dovrebbero essere a carico della Regione di provenienza. Il regolamento dei conti tuttavia va talmente a rilento che la Lombardia si trova a dover incassare (e chissà quando riuscirà a farlo) la belle zza di 495 milioni di euro dalle altre regioni. Un dato già più soft rispetto a quello registrato nel 2013, in cui i soldi attesi ammontavano addirittura a 542 milioni di euro (ed erano il risultato di una sottrazione tra crediti di oltre 869 milioni e debiti per 327 milioni). Cifre enormi che, in qualche modo, potrebbero servire a colmare, quantomeno in parte, i tagli al bilancio effettuati da governo e potrebbero essere investite per migliorare i servizi sanitari. E, ad esempio, per contenere ulteriormente le fasce di popolazione a cui non far pagare il ticket dei farmaci. Il turismo sanitario muove circa 800mila persone (di cui il 55 per cento diretti nelle strutture sanitarie del Nord). Una delle regioni più «affezionate» agli ospedali lombardi è la Sicilia, che ricovera al Nord quasi 20mila pazienti.
Dall'Emilia Romagna ne arrivano invece 9mila e dal Lazio circa 7mila. Oltre 10mila quelli che partono da Calabria e Puglia. La maggior parte diretti negli istituti oncologici (Ieo e Int) e nei poli d'eccellenza della regione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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