Non c'è pace a Palazzo di giustizia. Cambiano i procuratori, ma il clima di spaccature che aveva segnato l'ultima fase del «regno» di Edmondo Bruti Liberati sembra riproporsi anche con il suo successore, Francesco Greco. Nei giorni scorsi il consiglio giudiziario, l'organismo elettivo delle toghe milanesi, ha nuovamente bocciato le decisioni di Greco su un versante particolarmente delicato: le nomine dei pm ammessi a fare parte della Direzione distrettuale antimafia, da sempre una delle collocazioni più ambite. Gli ultimi due posti liberi in Dda sono stati assegnati dal procuratore con procedure che il consiglio definisce «scorrette» e secondo modalità «incomprensibili» e «non chiariti criteri».
Non è solo un problema di posti: sullo sfondo c'è un tema cruciale, ovvero il potere del Procuratore della Repubblica. Potere quasi assoluto, o potere soggetto a regole precise e a criteri uniformi? Bruti Liberati aveva rivendicato con successo il diritto a decidere in piena libertà, senza farsi condizionare dall'opinione dei colleghi e delle correnti. Un capo a tutti gli effetti, insomma, col potere di indirizzare le indagini e di impadronirsene in caso di dissensi: era accaduto sul fronte Expo, che aveva visto Bruti autoassegnarsi personalmente il coordinamento delle indagini sull'esposizione universale, sottraendolo al procuratore aggiunto Alfredo Robledo.
Greco non rischia di trovarsi di fronte a un nuovo «caso Robledo» perché i procuratori aggiunti, quasi tutti di fresca nomina, sono pienamente affiatati con lui. Ma la bocciatura delle sue ultime nomine è il segno di un cospicuo dissenso intorno alla sua gestione, trasversale a tutte le correnti: la risoluzione è stata approvata dal consiglio giudiziario all'unanimità, incassando il «sì» anche dei massimi vertici del Palazzo, il procuratore generale Roberto Alfonso e la presidente della Corte d'appello Marina Tavassi.
Le nomine contestate sono quelle dei pm Stefano Ammendola e Silvia Bonardi, inseriti da Greco nel pool antimafia nel marzo scorso. Ma nello stesso inciampo era incorsa la nomina di un altro pm, Giovanna Cavalleri, scelta da Greco per la Dda nonostante per il consiglio giudiziario «non fosse in possesso dei titoli specifici». Sono dissapori formali che non portano alla revoca delle assegnazioni. Ma a questo punto il rischio è che l'anno prossimo il consiglio giudiziario dia parere negativo alla conferma di Greco alla guida della Procura.
E non è l'unica rogna in corso in Procura. Una sentenza del Consiglio di Stato ha rispedito a Milano Maurizio Romanelli, che ha dovuto lasciare la Procura nazionale antimafia.
Il problema è che Romanelli ha il grado di procuratore aggiunto, e quindi andrà a occupare l'unico posto libero: che però era già stato messo a concorso, e gli aspiranti potrebbero non essere d'accordo. Poi Greco dovrà assegnare un dipartimento a Romanelli: e l'unico disponibile è quello anticorruzione, retto finora da Ilda Boccassini, che si ritroverebbe (malvolentieri, ovviamente) retrocessa a semplice pm.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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