Cronaca locale

Bradburne: «Io sabotatore? Nel restauro errori evidenti»

Il direttore smentisce la sovrintendente che dichiara: «Palazzo Citterio è a posto, questa polemica inutile»

Mimmo di Marzio

Più che un dialogo mancato, è una vera e propria guerra che non esclude colpi bassi, quella sulle responsabilità della mancata apertura di Palazzo Citterio, pietra miliare del progetto Grande Brera. Una guerra di posizione tra la direzione della Pinacoteca e la Sovrintendenza alle Belle Arti si sta consumando dopo che il ministro ai Beni Culturali Alberto Bonisoli, sollecitato dal clamore di una vicenda gattopardesca, ha acquisito le carte per valutare le colpe di un progetto di ristrutturazione giudicato inadeguato ad ospitare una parte consistente del museo, e finora costato 18 milioni di euro. Su una barricata c'è il direttore James Bradburne che, in una recente conferenza pubblica ha denunciato tutti gli errori di un progetto da cui è stato (incredibilmente) escluso: a cominciare dai non idonei impianti di climatizzazione del palazzo, a un piano architettonico non funzionale ad una logica espositiva. Sull'altra barricata c'è la sovrintendente Antonella Ranaldi, la cui strategia fino ad oggi è stata quella di evitare, pur sollecitata da più parti, qualsiasi confronto pubblico sull'argomento. Salvo rilasciare una sconcertante intervista su una rivista di settore in cui smentisce tutti gli appunti documentati da Bradburne, comprese le critiche per l'esclusione del direttore dal work in progress dei lavori. Eccone alcuni stralci: «(...) Il direttore è venuto in cantiere su mio invito e, lui personalmente o i suoi architetti, hanno seguito il cantiere in ogni scelta di restauro: dai colori alle finiture è stato tutto sottoposto e concordato». E ancora: «(...) Sulla funzionalità di Palazzo Citterio sono state divulgate affermazioni e giudizi solo per farne un caso e una polemica che non portano a nulla(...)». Ma il bello viene adesso: «A un anno dalla fine dei lavori, il palazzo sta diventando un fantasma, quando invece deve essere usato (...) Assistiamo increduli a un sabotaggio intellettuale, morale e materiale». Incredibile ma vero. Oggi scopriamo che il direttore anglo-canadese che in tre anni ha rivoltato le sale Pinacoteca portando splendore e migliaia di visitatori è in realtà un emulo del dottor Jekyll: di giorno lavora alacremente per la Grande Brera e di notte opera sabotaggi. Materiale per un giallo alla Agatha Christie.

Dal canto suo Bradburne, che un anno fa fu guardacaso escluso dal tavolo dei relatori alla fantomatica inaugurazione di Palazzo Citterio, non può far altro che smentire invitando gli esperti a visitare e toccare con mano le sale di quello che «è solo un palazzo restaurato» ma non un museo. «Come ha detto Fernanda Wittgens nel 1953 - dice il direttore della Pinacoteca - non voglio rispondere alla polemica con la polemica, voglio invece esporre dati e fatti che sono tutti documentabili. Avendo letto le risposte della Soprintendente, che raccontano una situazione che non corrisponde alla realtà, invece di contestarle, invito tutti a verificare la situazione di persona. Le condizioni di climatizzazione, monitoraggio, acustica, accesso e fruibilità sono obbiettive e verificabili». Bradburne è un fiume in piena. «Non è una questione di opinioni contrastanti, ma di fatti che sono tutti accertabili. La questione è se Milano è disposta ad accettare un palazzo restaurato invece di un museo di livello internazionale dopo oltre 47 anni di attesa e 18 milioni di euro di spese recenti. Avendo sia il tempo sia il denaro per migliorare Palazzo Citterio, almeno in parte, non farlo sarebbe a mio parere imperdonabile. Franco Russoli non avrebbe mai accettato questo destino per la sua Grande Brera, e non lo accetterò neanche io». Quanto alle accuse di sabotaggio, le rimanda pari pari al mittente: «Se c'è stato un sabotaggio è nei confronti della visione di Russoli, per non aver restaurato un palazzo come un museo, al punto che non entrano oltre 20 quadri, non si possono esporre tutti quelli delle collezioni previste, mentre il pubblico non può neppure circolare».

I morti purtroppo, non possono parlare.

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