Le mani sull'Expo non le aveva messe il crimine organizzato ma un gruppo di colletti bianchi, di professionisti solidamente agganciati nei palazzi della politica, in grado di mungere e indirizzare le gare d'appalto per l'esposizione universale dell'anno prossimo. È questo, frugando nelle 243 pagine dell'ordine di cattura eseguito ieri dalla Guardia di finanza, il succo dell'inchiesta che - condotta dai pm Paola Pirotta e Antonio D'Alessio, e coordinata dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo - ha portato in cella uno degli uomini chiave dell'alta burocrazia della Regione Lombardia, era Formigoni: il direttore generale di Infrastrutture Lombarde Antonio Rognoni, uomo di fiducia dell'ex governatore, dimissionario dopo il cambio di giunta ma ancora solidamente ancorato ai vertici di Cal (Concessionarie autostradali lombarde), braccio operativo di Infrastrutture. Sotto tiro, la macchina delle consulenze professionali, vero grimaldello non solo per fare soldi ma anche per governare la macchina degli appalti.
A spartirsi gli incarichi gestiti da Rognoni e da Pierpaolo Perez, capo dell'ufficio concorsi, anche lui finito in carcere, erano sempre gli stessi avvocati: membri della stessa banda, dice la Procura. Scrive il giudice preliminare Andrea Ghinetti: «Va segnalata la scandalosa situazione di conflitto di interesse dei professionisti sopra indicati in quanto, contemporaneamente, in modo diretto o indiretto, assistono la pubblica amministrazione nella predisposizione di procedure e contemporaneamente alcuni concorrenti: quelli che poi vincono le gare». Expo è il terreno di caccia privilegiato: caccia facile, perché dentro il board dell'esposizione la banda ha una pedina chiave, Cecilia Felicetti, direttore generale di Arexpo. «Emerge dagli atti e dai testi delle telefonate - scrive il gip - che con l'accordo della Felicetti gli indagati hanno già predeterminato l'assegnazione di future gare». La Felicetti «riveste una carica di assoluta centralità e delicatezza proprio in vista della manifestazione Expo 2015 e persino della fase di coordinamento urbanistico successivo». E avendo dimostrato «la palese disponibilità manifestata sino ad ora rispetto alla realizzazione di gravi e recenti azioni di turbativa» la Felicetti convince il giudice della necessità di metterla in condizioni di non nuocere: non la manda agli arresti, ma la destituisce dalla carica in Arexpo.
Questa nuova incursione della Procura nel lato oscuro degli uffici regionali era iniziata da uno spunto decisamente esplosivo: l'esposto che nel 2011 una imprenditrice aveva presentato contro l'assegnazione dell'appalto per demolire il blocco di case popolari di via delle Rose a Pieve Emanuele. Gara, diranno le indagini, passata per una assegnazione con un incredibile ribasso dell'83 per cento e pilotata fino alla azienda prevista. É da lì che il faro su Infrastrutture si è acceso, e poi non si è più spento. Ha illuminato vicende come l'appalto, sempre gestito da Infrastrutture Lombarde, per il nuovo reparto di Anatomia patologica del San Gerardo di Monza. Anche qua, la mossa chiave di Rognoni è scegliere professionisti e poi gestiranno la gara d'appalto.
Ma più dei singoli appalti, a colpire è la meticolosità con cui la banda si impadroniva delle consulenze: non solo quelle di Expo, ma anche di Pedemontana, di Brebemi. L'importante è dettare le regole.
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