Meno burqua, più sicurezza. Torna a far discutere la delibera regionale, entrata in vigore il primo gennaio, che limita l'accesso ai luoghi pubblici a chi indossa gli abiti tradizionali dell'Islam più radicale. Oggi in consiglio di zona 9 sarà discussa una mozione del centrodestra che invita il Comune ad applicare la stessa misura varata da Palazzo Lombardia: non sono più sufficienti le disposizioni di legge che già vietano l'accesso a volto coperto, la Lega Nord vuole aumentare misure di sicurezza a livello comunale. Dovrebbero essere limitati gli accessi, oltre che alle sedi della Regione e agli ospedali, anche alle scuole, ai centri sportivi e a tutti i luoghi di proprietà comunale aperti al pubblico.«Chiediamo l'esposizione degli avvisi come previsto dalla legge e anche che i messi comunali la facciano rispettare invitando chi si presenta coperto a lasciarsi riconoscere» spiega Luca Perego, capogruppo leghista in zona 9. In questi tempi insicuri, ragionano i leghisti, bisogna prestare più attenzione: per questo prima di Natale è stato approvato il nuovo regolamento voluto dall'assessore regionale alla Sicurezza Simona Bordonali, che prevede il divieto per i visitatori di entrare negli uffici regionali e negli ospedali a volto coperto. Decisione criticata sia dal Movimento 5 Stelle, tramite Eugenio Casalino, che dal Partito democratico, per bocca del vicepresidente del consiglio regionale Sara Valmaggi. Contestazioni che non smuovono i leghisti. «Si tratta semplicemente di seguire una norma nazionale - rincara Andrea Pellegrini, consigliere di zona per le camicie verdi - non è solo in funzione anti islamica, visto che si parla anche di caschi e altri oggetti che impediscono l'identificazione».La disposizione nazionale in questione è la legge Reale, la 152/1975 che fu pensata in funzione anti terrorismo brigatista e che all'articolo 5 recita: «È vietato l'uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo». Una norma applicata di rado e di cui si è discusso molto: da una parte chi, come i leghisti e il centrodestra in generale, la vuole riportare in auge (la giunta Maroni ha appunto deliberato in questo senso) e dall'altra chi solleva delle critiche. Al centro della questione ci sarebbe la discriminazione religiosa perché la legge precisa «senza giustificato motivo»: per alcuni la fede lo sarebbe. «Per noi però non è motivo sufficiente, prima viene la sicurezza di tutti» precisa Perego.Inoltre la disposizione, se la maggioranza di centrosinistra dovesse approvare la mozione in zona e così in Consiglio comunale, non vieta l'utilizzo del velo come kijab, khimar, al-Amira, shayia e chador, ma solo di burqa e niqab. Quindi non sarebbe un attacco alla religione islamica, ma solo a due abiti paragonabili per effetto, la non riconoscibilità, al casco.
Non è detto che almeno il primo test, il consiglio di zona, non venga superato visto che la presidente Beatrice Uguccioni, Pd, è per molti a capo di una maggioranza ormai disunita: pochi giorni fa, a causa dell'affaire Scientology che ha portato all'uscita dalla maggioranza di un consigliere di Rifondazione comunista, una mozione di sfiducia per poco non le ha fatto lasciare la poltrona. La votazione finì 17 favorevoli e 20 contrari, ma l'opposizione contava solo 14 consiglieri: è chiaro che, grazie al voto segreto, qualcuno della maggioranza ha provato a farle lo sgambetto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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