C'è anche una città che nuota nell'oro E sogna le Olimpiadi

La nazionale paralimpica domina i mondiali scozzesi Sette delle 11 medaglie conquistate da atleti «milanesi»

Non ci sono solo Federica Pellegrini e Filippo Magnini. Non ci sono solo Luca Dotto o Gregorio Paltrinieri che tra poco più di una settimana proveranno a tenere alto il tricolore azzurro in terra di Russia, a Kazan, dove sono in programma dal 25 al 9 agosto i campionati mondiali di nuoto. C'è anche un altro nuoto italiano che fa l'alba in vasca, che fa gli stessi sacrifici, la stessa fatica e forse di più e che esce da una competizione mondiale con un bottino da record. Finisce in gloria infatti la spedizione del nuoto paralimpico italiano in Scozia a Glasgow con ben 11 medaglie tra cui tre ori, sei argenti e due bronzi che migliorano il risultato già fantastico di Montreal nel 2013 quando gli azzurri tornarono a casa con nove medaglie. Finisce con gli splendidi ori di Arjola Trimi e Federico Morlacchi proprio nell'ultima giornata di gare che sono la firma d'autore su un medagliere già ricchissimo. Strepitosa l'atleta della Bresciana No Frontiere allenata da Micaela Biava che nella gara dei 100 dorso come al solito ha tenuto tutti col fiato sospeso fino all'ultima bracciata. Ma superlativo anche Morlacchi che, dopo tre argenti, sale sul gradino più alto del podio con il nuovo record italiano. Finisce con le vittorie di una squadra che in acqua ci mette il cuore, trainata da un gruppo di atleti universitari che si allenano a Milano nella piscina Saini che il Comune ha offerto gratuitamente per permettere di portare a termine il progetto «Acquario», un termine che si può leggere in due modi: «Ci sono i due elementi che ci servono - spiega il tecnico Massimilano Tosin -. Se si divide la parola troviamo l'acqua e Rio che sono le prossime Olimpiadi a cui puntiamo. Se invece la leggiamo tutta insieme è il posto dove stanno i pesci. E in questo caso i pesci siamo noi...».

Il viaggio verso le paralimpiadi di Rio è cominciato tra non poche difficoltà tre anni fa. Ed è iniziato a Milano perché qui si sono incrociate le strade e gli studi di questi campioni che diventeranno osteopati, ingegneri biomedici, psicologi e chissà cos'altro ancora. Studio e sport come capita quasi sempre. Per gli sport paralimpici, però, c'è sempre qualche problema in più: «E non solo per le strutture - spiega Tosin -. È un fatto di cultura, si fa ancora troppa fatica a condividere progetti e spazi con le altre federazioni. Così l'inizio non è stato facile anche perché a Milano l'unica vasca di 50 metri coperta è quella di via Mecenate e viene usata dalla Federazione di nuoto: noi siamo un'altra “parrocchia“. Qui va così. A Canberra, in Australia, tanto per fare un esempio, quando sono arrivato mi aveva colpito la statua posta all'ingresso del centro Federale: un gigantesco giocatore di basket su una carrozzina. Noi siamo ancora un po' indietro». Sei gli azzurri «milanesi» che sognano le paralimpiadi di Rio.

Sei che hanno numeri e volontà per andarci. Ma anche talento. «Certo - conclude Tosin -, spesso con gli atleti paralimpici si tende ad essere indulgenti. Non serve e non è ciò che vogliamo. Se uno è scarso è scarso. E bisogna dirglielo...»

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