C'è chi ne fa una scelta etica e chi semplicemente di qualità, ma l'educazione si impara anche a tavola

C'è chi ne fa una scelta etica  e chi semplicemente di qualità, ma l'educazione  si impara anche a tavola

Mamme in rivolta contro Milano Ristorazione o in generale la mensa scolastica, giudicata sempre più scadente. A fare da apripista le famiglie piemontesi, seguite da quelle milanesi che stanno diffondendo sempre di più il verbo della schiscetta da casa, ovvero del pasto portato da casa, in alternativa a quello servito a scuola.

Succede già alle primarie Brunelleschi, ora anche Foppette e Bergognone del plesso di Moisè Loiria ci stanno provando e la voce si sta diffondendo anche nelle elementari di via Caterina da Forli e in via Zuara, solo per citare la parte ovest della città. La base: la sentenza della Corte di appello di Torino del 21 giugno che ha sancito, per la prima volta, il diritto di ogni famiglia di portare il pasto da casa, così come il non dovere essere clienti di Milano Ristorazione o delle società che forniscono le mense scolastiche. Altro punto base: il refettorio è un luogo pubblico, quindi i bambini non devono essere confinati nelle famose «stanze del panino», ma hanno diritto a consumare la loro schiscetta accanto ai compagni, fatte salve le cautele obbligatorie per le diete o allergie.

Diverse e molteplici le motivazioni che stanno dietro una scelta del genere: c'è chi ne fa una battaglia etica contro lo spreco alimentare. Tradotto: se i bambini non toccano cibo, come di fatto accade in moltissimi casi, tutto il pranzo finisce direttamente nella spezzatura. C'è chi ne fa invece una questione puramente alimentare: la qualità del cibo servito a scuola è considerata scadente dalla famiglia, che preferisce compiere le proprie scelte e fare da sè. Per altri il fatto che il proprio figlio non mangi in mensa diventa una preoccupazione: ci sono piccoli che non assaggiano neanche un boccone e che, di conseguenza, non crescono o non hanno energie sufficienti per affrontare il pomeriggio.

C'è, invece, tra i detrattori dell'iniziativa ne fa una questione di uguaglianza. Tutti i bambini devono avere lo stesso pranzo, o meglio non alle differenze anche in base al ceto sociale.

O ancora: i bambini devono imparare ad adattarsi alle diverse situazioni, per crescere più forti e imparare ad affrontare disagi, avversità, ostacoli che la vita ci riserva. In questo ci sta anche mangiare la pasta scotta o il pesce colloso.

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