Non dovrebbe durare molto la latitanza di Domenico Cutrì, l'ergastolano fatto scappare dal tribunale di Gallarate dopo un conflitto a fuoco costato la vita al fratello Antonino. Un balordo determinato e violento, ma privo di agganci con la criminalità organizzata e di disponibilità di denaro, necessario per una latitanza o una fuga all'estero. Quindi la sua cattura dovrebbe essere questione di ore, anche se la madre, in perfetto stile malavitoso, gli lancia uno choccante appello: «Non costituirti, pensa a tuo fratello che ha dato la vita per te».
Da tre giorni dunque è una serrata caccia all'uomo, anzi agli uomini, perché insieme a Domenico Cutrì, 32 anni, condannato all'ergastolo per aver fatto uccidere un giovane polacco che aveva insidiato la sua donna, ci sono i tre superstiti del commando che lunedì l'aveva liberato. Un'operazione scattata poco dopo le 15 quando l'uomo è uscito dal tribunale di Gallarate dove era stato processato per truffa e assegni falsi. In quattro sono saltati addosso alle guardie spruzzando gas anti aggressione. Un agente viene accecato, uno rotola sulle scale e picchia la testa, gli altri due reagiscono. Ne segue un violento conflitto a fuoco, almeno 30 colpi. Sparano i poliziotti, sparano gli uomini del commando, come dimostrano i bossoli trovati a terra che non appartengono alle armi in dotazione alla penitenziaria. Alla fine i cinque scappano, ma qualche ora dopo Maria Antonietta Lantone, 49 anni, madre di Domenico, porta all'ospedale di Magenta l'altro figlio Antonio, 31 anni, colpito al petto. Per lui però non c'è nulla da fare, è già morto quando entra in pronto soccorso.
Nonostante il sangue versato la donna mantiene il profilo che compete al suo ruolo: «Mimmo non costituirti, tuo fratello è morto per te». Poi spiega che l'azione di fuoco in realtà doveva essere solo dimostrativa, perché il ragazzo è innocente ed è stato condannato senza prove. Peccato che all'assalto siano andati con pistole, mitra. Armi in parte ritrovate su una delle vetture rubate la stessa mattina per il colpo.
Partono le indagini, che mettono a fuoco la personalità del soggetto. Molto pericoloso, violento ma privo di legami con la n'drangheta, nonostante l'origine calabrese. Alle spalle una lunga sfilza di reati contro la persona e il patrimonio, come del resto Antonino, il padre Mario, 58 anni, e un terzo fratello Daniele, 24 anni. Che curiosamente manca all'appello. «Domenica è sceso a Napoli per una gita» ha spiegato la madre. E sembra effettivamente ci sia qualche riscontro di quel viaggio ma il ragazzo, nonostante quanto successo, non si è ancora fatto vivo. Non sembra tuttavia che nella «carriera criminale» dell'intera famiglia ci sia stato spazio per grandi affari, quindi, privi di grosse disponibilità, indispensabili per sfuggire alla giustizia, i quattro fuggiaschi non dovrebbero aver fatto molta strada. Molto difficile siano arrivati in Calabria, dove del resto non troverebbero aiuto nelle 'ndrine locali, o fuggiti all'estero.
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