Cronaca locale

Caffè outdoor e saldi a giugno. Così il commercio si reinventa

La rete delle vie: "Fidelizziamo i clienti dei negozietti". I ristoratori: "Apriamo dehor e niente Cosap e Tari"

Caffè outdoor e saldi a giugno. Così il commercio si reinventa

«La premessa è d'obbligo: senza finanziamenti a fondo perduto si rischia di chiudere prima della ripartenza. Altrettanto fondamentali lo snellimento della burocrazia da parte di tutti gli enti e lo slittamento delle scadenze fiscali», spiega Mario Peserico, vicepresidente di ConfCommmercio Milano. Così «se andiamo in banca a chiedere un finanziamento e si parla di ottobre per potere avere la liquidità non ci si rende conto che a quell'epoca avremo già le serrande abbassate».

Il sindaco Beppe Sala continua a dichiarare la disponibilità a cancellare tasse locali come la Cosap ovvero l'occupazione dei suolo pubblico per tutti i bar, ristoranti, locali che avranno i coperti dimezzati per il rispetto del distanziamento sociale, «opportunità che vanno sfruttate, anche se io sono il primo a sostenere - spiega Fabio Aconfora, vicepresidente di Epam- che se aspettiamo gli aiuti dal governo falliamo prima. Dobbiamo rimboccarci le maniche: abbiamo capito a che condizioni possiamo riaprire e dobbiamo farlo tutti insieme, anche per far ripartire questa città».

«Abbiamo dimostrato di avere la massima flessibilità - commenta Peserico - ci dovremo abituare, e si parla di piccoli negozi a lavorare sui sette giorni, cosa che avviene magari nelle vie centrali, ma non in quelle semicentrali o periferiche». Quest'anno - il ragionamento - la nostra città sarà sicuramente più affollata in estate perché in molti non avranno i soldi per andare in vacanza o saranno tornati in ufficio. Come sfruttare queste nuove condizioni per far ripartire il commercio, la ristorazione e di conseguenza rendere di nuovo Milano vivace? «Ci vorranno almeno due anni per vedere la città come in epoca pre Covid» commenta amaro Gabriel Meghnagi, presidente della Rete associativa delle vie di Confcommercio. Visto che gli assi principali hanno sempre un'alternanza tra bar, negozi di abbigliamento, boutique, librerie si potrebbe iniziare a pensare «di decidere assieme le aperture domenicali e comunicarle ai residenti del quartiere. I piccoli bar di passaggio, che dovrebbero fra entrare solo un cliente alla volta e che non vivono di aperitivi, potrebbero portare la macchinetta del caffè sul marciapiede, in modo da servire i caffè in maniera veloce, senza file».

Quasi un invito ai cittadini a scendere in strada la domenica per bersi un caffè all'aperto e guardare qualche vetrina. Dobbiamo cambiare il modo concepire il commercio. «Tra l'altro i negozi sono pieni di merce che ancora non hanno venduto per via delle chiusure. Questa potrebbe essere un'idea soprattutto per i negozi che hanno spazi ridotti e che per via del distanziamento sociale sarebbero costretti a lasciare i clienti in fila fuori - continua Meghnagi-. Si potrebbe allungare gli orari di apertura fino alle 20,30, per esempio, sfruttando le lunghe giornate d'estate».

Poi la nota polemica: «Certo è stato un grave errore non anticipare i saldi. Io avevo proposto, solo per quest'anno di anticipare i saldi alla prima settimana di giugno - spiega Meghnagi - per dare un po' di ossigeno alle imprese, proposta che non solo non è stata accolta ma anzi, è stato deciso nella Conferenza delle Regioni e delle Province autonome per il 1 di agosto, invece del 4 luglio.

Ora il tema è quello dell'autorizzazione alle vendite promozionali, che attendono il via libera».

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