Carità e aiuti alle donne I 150 anni delle «Dame»

Carità e aiuti alle donne I 150 anni delle «Dame»

Negli anni '70, decennio in cui molte cose subirono una forte trasformazione, cambiò anche il nome delle Dame della carità di San Vincenzo de' Paoli. La storica compagine di volontariato, seguita dalle suore che venivano chiamate «cappellone» per via dell'ampio copricapo indossato un tempo, si denominò Compagnia della carità. Compagnia: radice femmina più attuale di «Dame», ma pur coriacea dentro una terra che cambia il volto ma non la sostanza del dolore umano. Quel passaggio di nome fu un necessario tributo alla modernità secondo Roberta Premoli, neopresidente del gruppo di 259 associate, dai quarant'anni in su, che ora vogliono sancire un ulteriore passaggio, aprendo oggi alle 15.30 la loro sede di via Ariberto numero 10.
«È un'iniziativa per portare a galla il lavoro sommerso che durante l'anno le nostre volontarie compiono in una quotidianità complessa a causa della povertà sia economica che di valori» racconta la presidente. Nella sede, fondata in via Ariberto nel 1857 e ristrutturata nel corso del 2013, si tiene una tavola rotonda dal titolo «Il welfare delle volontarie. E dei volontari...», dibattito a cui partecipano oltre a Roberta Premoli e Patricia Terzi, past president, il professor Lorenzo Bandera e Massimo Calvi di Avvenire.
Perché, dopo «volontari», seguono tre puntini di sospensione? «Invece delle quote rosa noi dovremmo fare le quote azzurre, vista l'esigua presenza maschile nell'associazione. È vero che spetta ancora alle donne compiere quei piccoli passi, piccoli solo in apparenza, che incidono sulle situazioni più tragiche della vita. Sono le donne ad avere quel coraggio vivo di presentarsi ai nostri centri d'ascolto, soprattutto nel caso delle immigrate che sono di religioni diverse. Il 60 per cento dei nostri casi sono stranieri, il 40 italiani». L'integrazione difficile, l'indigenza, la violenza maschile sono i drammi che non trovano fine nei nuclei famigliari a meno che una donna non decida di rompere il silenzio e parlare nella verità di un racconto che da secoli non muta.
Oggi le donne trovano alleate proprio nelle altre donne. Sono settemila all'anno a confidarsi con le Dame di San Vincenzo, forti e consapevoli di potersi aiutare a vicenda per far fronte ad una società fondata su una logica maschile, una logica che stipula in continuazione leggi, in continuazione altrettanto disattese, perché non esiste una legge della mente ma solo quella del cuore. Alla fine della tavola rotonda alle 17.30 Chiara Continisio dell'Università Cattolica di Milano terrà una narralezione: «Pane e uguaglianza. Il contributo delle donne alla democrazia».
Una narralezione? «È un modo di raccontare e di insegnare messo a punto dalla professoressa Continisio, che spiega in modo ironico alcuni meccanismi da approfondire per ridare a forza a un discorso umano oggi tralasciato».

Da sempre l'arte del racconto è riservata alle donne, checché ne dica il presidente Matteo Renzi che volendo ridare forza politica alla narrazione ha pensato di riferirsi alle soap opere americane! La parola «Dame» è ancora viva nella sua origine nobile e francese: e sono dame anche le povere ragazze che vanno a chiedere aiuto, perché sta proprio nella prodezza di un cuore la sacra nobiltà.

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