Mi sembrava impossibile: per me Giannino era immortale. Non potevo neanche prendere in considerazione che potesse morire. E invece se n'è andato, così come aveva vissuto: bene. Fortunato anche nella morte, dice Italo, con cui ha condiviso tanta parte della vita.
Qualche tempo fa, Giannino mi disse che era contento della sua vita. E che poteva andarsene tranquillo e in pace. Faceva il radiologo, ma in realtà per tutta la vita si è occupato di teatro, di musica, di opera. Ha fatto la comparsa al Teatro alla Scala per sentire da vicino le voci dei grandi cantanti, dal 1938 fino al 2008 non ha perso una prima della Scala, amico di cantanti che accompagnava per il mondo: la sua amata Renata Tebaldi, Elena Obraztsova, Carlo Bergonzi. La sua conoscenza della lirica era straordinaria come la sua analisi delle voci, tanto da consentirgli di proporre giovani interpreti. Con l'Associazione Amici del Loggione, da lui fondata con Paolo Grassi e presieduta per 30 anni, con la collaborazione di Laura Foscanelli, non solo ha coinvolto un numerosissimo pubblico nella conoscenza e nella passione dell'opera, ma ha creato occasioni per far debuttare cantanti che oggi nel mondo. Sostenne con una tenacia unica ed encomiabile il debutto di Tiziana Fabbricini nella «Traviata» che non si faceva più alla Scala da 26 anni.
Si legga il bellissimo articolo di un grande Guido Vergani. Ha fatto il medico del Piccolo Teatro ed era intimo di Paolo Grassi, di Nina Vinchi, di Giorgio Strehler e di tanti attori e attrici, e l'elenco sarebbe lunghissimo. E ha sostenuto tante ragazze e tanti ragazzi della scuola del Piccolo. In questi anni andava sempre ai concerti con la sua amica, grande attrice, Valentina Fortunato e con Betti Schiavetti, suo primario all'Ospedale Buzzi. È stato anche consigliere comunale di Milano e consigliere di amministrazione del Teatro alla Scala.
Insomma, Giannino è stato parte integrante della vita culturale milanese e da casa sua, o per meglio dire dalle sue innumerevoli case (credo che abbia fatto 16 traslochi) di Milano e di Pantelleria sono passati musicisti, direttori d'orchestra, cantanti, attori, registi, scrittori. Ed era una bellezza sentirlo parlare, divertente, spiritoso, anche quando faceva finta di arrabbiarsi. Una miniera di notizie: l'unico rimprovero che gli facevo e gli ho fatto fino all'ultimo è di non avere raccolto tutti i suoi ricordi, per tramandare la ricchezza e la vivacità culturale di Milano, il suo entusiasmo e il suo amore per la cultura. Uomo di grande gusto e gran cuoco. Fu il primo che consultai per la creazione della Orchestra Verdi e subito mi diede una mano con gioia e partecipazione: fu uno degli otto fondatori della Verdi davanti al notaio Piergaetano Marchetti: Delman, Abbado, Mariotti, Gavioli, Guastoni, appunto Giannino e il sottoscritto. Prima con Stefania, sua sorella, poi con Alberto, suo fratello e ora con Giannino viene a mancare un pezzo della grande «tribù» dei Tenconi: una famiglia straordinaria, che ha i suoi capisaldi nella sorella Tilde nel fratello Daniele nella cugina Anna, nella nipote Marina, nella innumerevole schiera di nipoti, e mi scuseranno se non li cito tutti.
La perdita di Giannino è una perdita per tutti, per Italo, Franco, Marco, per Laura, per i Tenconi, per gli amici ma è una perdita per Milano. E non è retorica: è la triste constatazione che si sta chiudendo un'epoca, ahimè.
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di Luigi Corbani
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