Cavalieri del lavoro al galoppo su Renzi

Far rinascere l'Italia, creare nuova occupazione, ridurre le diseguaglianze, recuperare primati nella cultura, nell'innovazione e nella qualità della vita. Non sono pochi, e neppure poco ambiziosi, gli obiettivi dei Cavalieri del lavoro, ieri riuniti a convegno all'Università cattolica di Milano (titolo dell'appuntamento: «Impresa Italia»). La ricetta che propongono è di spirito ambrosiano: rimettere al centro l'impresa, o meglio la buona impresa, quella che produce e non specula, perché spesso è da qui che nascono idee e pratiche migliori anche per la cultura e la società. Oltre che naturalmente per il rilancio dell'occupazione.

Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, prima di tutto lancia una piccola stilettata al governo Renzi e chiede per le imprese «un Paese che le considera e le rispetta: oserei dire un Paese che è loro amico». Ancora più esplicito il presidente dei Cavalieri del lavoro, Antonio D'Amato: «Il governo sembra che abbia perso la sua iniziale spinta riformista. Renzi ha fatto bene a superare la logica consociativa dei blocchi contrapposti. Ma ora rischia di scivolare nell'autoreferenzialità e in un isolamento tutt'altro che splendido». E l'ex presidente di Confindustria crede anche che sia arrivato il momento di «chiamare le migliori intelligenze del Paese e impegnarle in un confronto per un'azione vera e profonda di cambiamento del Paese».

A convegno anche il sindaco, Giuliano Pisapia, nelle inconsuete vesti di testimonial economico. Animo federalista: «Bisogna considerare il ruolo centrale che possono avere gli enti locali, e i Comuni in particolare, a patto che a essi venga riconosciuta una reale autonomia e risorse certe e stabili. Il 60 per cento degli investimenti in conto capitale arriva proprio dai Comuni». Secondo Pisapia, è da Milano che deve ripartire l'economia: «È qui che si gioca la scommessa di una ripresa che o parte da Milano o non parte affatto». Insomma, «Milano è ancora una volta chiamata ad essere l'apripista di una ripresa economica oggi più che mai necessaria e a mettere al servizio del Paese le sue potenzialità straordinarie per agganciare i segnali di ripresa che hanno cominciato a diffondersi in Europa e che l'Italia deve sfruttare».

Tornando all'intervento di Squinzi, la sua analisi segnala incognite e motivi d'allarme, soprattutto nell'ambito della finanza e del credito, anche se «gli investimenti stanno ripartendo». È vero che «nascono innovative collaborazioni progettuali tra imprese e mondi scientifici» - dice il leader degli industriali -, ma «ciò non vuol dire che una finanza aggressiva e invasiva sia sconfitta».

Conclusione ottimista che è anche un po' una soluzione pratica: «La società contemporanea sembra finalmente più consapevole che produrre e non speculare è l'unica strada ragionevole per generare una crescita non effimera». Meno cattiva finanza, più buona impresa.

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