(...) «No, è vero che il punto di partenza è dubbioso, anche i più strutturati hanno un approccio dubitativo e una legittima perplessità, che è figlia di due elementi: una strutturale italica disinformazione su quel che accade, e una profonda delusione su come le nostre peculiarità vengono difese in Europa».
Però non c'è solo questo...
«Certo. Sia nei momenti più popolari sia negli incontri coi corpi intermedi, se si incontrano le persone e si accetta questo livello di sfida, allora il dubbio diventa curiosità e disponibilità. Sono molto colpito da questo e non è un bel servizio quello che alcuni stanno facendo, non raccontando come stanno le cose ma forzando la libertà delle persone con le paure sull'euro».
Anche nel centrodestra? Parla della Lega?
«Sì, parlo soprattutto della Lega, una forza nella quale io confido, anche per esperienza personale, visto che sono stato presidente della provincia di Cremona e ho verificato la possibilità di un lavoro forte e bello, e come cittadino ho sperimentato per più di due decenni un governo di centrodestra. Nessun pregiudizio quindi, lo dico per quello che si sta consumando al governo fra Lega e 5 Stelle. Sembravano forze molto diverse, ma a forza di sentirli difendere questa esperienza di governo dubito che ci sia realmente una differenza fra loro».
E crede che ci sia una differenza fra la Lega che lei ha conosciuto e l'attuale leader?
«Una differenza abissale. Quella che io ho conosciuto e con cui io ho governato, per esempio, non avrebbe mai pensato di sostenere il reddito di cittadinanza, una misura che separa il reddito dal lavoro, tradendo peraltro la nostra tradizione sociale, culturale, economica».
Cosa dicono queste realtà produttive del nord, che ha incontrato e conosce bene.
«Non è mai venuta meno la indomabile capacità e reattività delle nostre imprese. È dimostrata e io l'ho verificata. Per esempio sul piano Junker abbiamo portato a casa più della Germania: 10 miliardi che hanno generato 60 miliardi di investimenti. I nostri imprenditori sono i migliori in Europa. Ma c'è un senso di abbandono nel rapporto con la politica. Dicono: non abbiamo interlocutori politici, il governo fa fatica ad ascoltarci. Le imprese chiedono di stare di più in Europa. Non dimentichiamo che esportiamo 300 miliardi di euro all'anno».
Come sosterrà queste richieste e istanze?
«Uno: aumento delle
risorse per innovazione e ricerca con Horizon Europe. Due: protezione dalla minaccia di chi non rispetta le regole di mercato. Tre: infrastrutture, quelle tradizionali, quelle energetiche e quelle digitali».Alberto Giannoni
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