«Chiamiamo le lucciole in Regione»

La battaglia per creare quartieri a luci rosse parte dalla Lombardia. Il segretario della Lega Matteo Salvini, lanciando due giorni fa la raccolta di 500mila firme per un referendum contro la legge Merlin, ha esposto la sua idea per «liberare le strade da racket e prostitute» e ha ipotizzato a Milano «due o tre zone hard». La proposta del Carroccio di indire una consultazione popolare approderà anche in consiglio regionale ad aprile, e può contare già sul supporto di Forza Italia, Fdi, Partito dei pensionati e Movimento 5 Stelle. La Commissione Affari istituzionali ha già dato il primo via libera. Ma mercoledì prossimo in Regione è stata invitata una delle parti in causa: in Commissione porterà il parere delle «lucciole» una portavoce del Comitato per i diritti civili delle prostitute onlus, come si legge sul sito lucciole.org è una associazione no-profit fondata nel 1982 da prostitute e non, Nel 2004 il Comitato, con sede a Pordenone, ha ottenuto l'iscrizione nell'anagrafe regionale delle onlus, «l'obiettivo principale dell'associazione è dare aiuto alle persone prostitute». Interpellata al telefono, la presidente ha rinviato ogni commento a mercoledì. Ma già di recente Pia Covre, ex lucciola, aveva bollato l'idea del referendum come «mera propaganda politica che non affronta al cuore la questione. La maggior parte degli italiani è favorevole a cambiare la legge ma se passassero i quesiti ci sarebbe un vuoto normativo. Dietro la proposta c'è solo l'interesse per un controllo sociale e la riscossione di tasse, invece il fenomeno della prostituzione meriterebbe ben altro approfondimento». Si vedrà. Se la proposta di referendum parzialmente abrogativo ricevesse il via libera dall'aula lombarda, comunque la consultazione potrà essere indetta solo se alla Lombardia si aggiungerà la richiesta di altri quattro Consigli regionali. O qualora il carroccio riuscisse a raccogliere le 500mila firme ai banchetti.
In compenso il leghista Salvini può contare su un precedente che viene ancora rivendicato oggi (pochi giorni fa, sulle pagine di Panorama) dalla deputata Pd Alessandra Moretti. Ha ricordato con orgoglio che da vicesindaco di Vicenza cercò di spostare le prostitute in una zona industriale. Un percorso in due step, partito con l'ordinanza del sindaco veneta Achille Variati che individuò una «zona rossa» nella città veneta fissando sanzioni del valore di cinquecento euro alle lucciole trovate ad esercitare sulle strade off limits, fino alla denuncia penale in caso di recidiva. Ma «per liberare le zone abitate il mercato della prostituzione va spostato in zona industriale, è necessario trovare una zona non residenziale, nell'area industriale a ovest» sosteneva la Moretti con parole non diverse dai leghisti. E anche oggi da deputata conferma, «è una scelta che difendo, i cittadini hanno diritto a vivere in strade sicure e decorose.

Fosse per me, i quartieri a luci rosse li istituirei subito per legge». Una linea poco condivisa a sinistra: il Pd lombardo in Commissione regionale (oltre a Patto civico e anche Nuovo centrodestra che sostiene la giunta Maroni) ha già votato contro il referendum.

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