Pedalare nelle grandi città è ancora pericoloso. Gli ultimi numeri sugli incidenti stradali diffusi da Aci-Istat dicono, una volta di più, che le morti di ciclisti e pedoni sono in aumento. E le anticipazioni della Polizia Stradale sul 2015 annunciano ancora una crescita.
Ovviamente un problema che riguarda anche le strade lombarde. Pochi mesi fa i dati diffusi dalla Regione sulla mortalità in bicicletta confermano che per chi si muove in bici il rischio è alto. L'anno scorso 49 morti, quasi uno alla settimana; nei quattro anni oggetto della ricerca (2010-2013) una strage da 223 morti. E la provincia di Milano guida la classifica, con i suoi 58 morti. É una statistica vasta che racconta anche perché si muore in bicicletta. Perché il camion o l'autobus girano a destra e schiacciano chi ha la sventura di trovarsi nel famigerato «angolo cieco»; perché una moto brucia uno stop o un rosso; perchè un'auto apre le portiere all'improvviso; perchè molti ciclisti sono ancora troppo imprudenti. Il rapporto stilato dall'assessorato regionale alla Sicurezza dice che a Milano e provincia, in questi quattro anni, oltre ai ciclisti che hanno perso la vita ci sono stati 7.368 rimasti feriti. Il maggior numero di incidenti avviene in città, ma il numero più alto di morti è sulle strade extraurbane, a riprova del ruolo cruciale della velocità delle auto. «Sono numeri che non possono lasciarci indifferenti e che confermano l'importanza di agire celermente e a ogni livello per sostenere politiche che incentivino la sicurezza, in particolare in ambito urbano- spiega la presidente Fiab, la Federazione Amici della bicicletta Giulietta Pagliaccio- Abbiamo già alcuni importanti strumenti e altri sono in via di definizione ma è ora di rompere gli indugi prima di contare ancora più morti il prossimo anno». Funziona,tanto per cominciare, la validità del concetto di «safety in numbers», ovvero più ciclisti uguale più sicurezza. Milano e Roma hanno avuto, ad esempio, lo stesso numero di morti in bici ma, avendo Milano una percentuale di spostamenti molto più elevata di Roma, si deduce che circolare sulle due ruote a pedali nel capoluogo lombardo sia meno pericoloso che nella Capitale. Anche il dato di Bologna, con 2 decessi di ciclisti sul totale nazionale di 273, testimonia la validità di scelte virtuose come le aree da 30km orari nei centri urbani, il trasporto pubblico potenziato, le reti ciclabili protette. E proprio in questa direzione va anche l'iniziativa della Federcicismo che prende la forma della «Urbanbike», la carta del ciclista, un'assicurazione ma anche qualcosa in più, che lo mette al riparo dai guai che gli potrebbero capitare pedalando soprattutto nel caos delle grandi città.
La card, annunciata dalla Federazione ciclistica italiana a settembre, prima della partenza della nazionale azzurra per i mondiali americani, da pochi giorni si potrà acquistare online sul sito www.urbanbike.it, (numero verde 800456789.) «Con la nascita di Ubanbike – spiega la Ferciciclismo- si apre una strada nuova nel modo di intendere l'attività sportiva ma non solo quella ovviamente». Urbanbike è una tessera individuale che, oltre alle coperture assicurative, fornisce anche una serie di benefit più o meno estesi a seconda che si scelga di acquistare la versione basic e quella plus, al costo di rispettivamente di 30 e 45 euro.
Tra i servizi offerti dalla carta del ciclista c'è anche la cosulenza medica telefonica 24ore su 24, la consegna farmaci presso l'abitazione, il piano di assistenza medica domiciliare post-infortunio e alcune convenzioni con Centri Specialistici e negozi specializzati. Non solo. E' previsto il recupero della bici e del ciclista in caso di incidente o guasto entro 100 km dal luogo di residenza e nel caso anche un pernottamento alberghiero.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.