Se la microspia l'ha messa un poliziotto o un carabiniere, c'è da farsi cadere le braccia: perché il lavoro è stato così grossolano che Marco Reguzzoni, ex deputato leghista e tra gli ultimi fedelissimi di Umberto Bossi, se n'è accorto subito. Anzi: i cavi dell'impianto elettrico dell'Audi del dirigente lumbard spenzolavano così vistosamente che Reguzzoni sul momento, più che a una microspia, ha pensato a una bomba. Prima di smuovere la vettura è stato quindi necessario chiamare gli artificieri. Alla fine, ecco il verdetto: nessun ordigno esplosivo, ma un ordigno elettronico. Forse una «cimice» in piena efficienza, in grado di registrare e trasmettere ogni parola pronunciata a bordo dell'Audi dell'ex deputato. O forse, più probabilmente, un localizzatore satellitare in grado di far seguire a distanza gli spostamenti di Reguzzoni.
In ogni caso, gps o cimice che fosse, la domanda inevitabile è; chi l'ha messa? E come si incrocia questo piccolo giallo con le vicende giudiziarie e politiche che hanno squassato il Carroccio nell'ultimo anno? Potrebbe trattarsi di una intercettazione illegale, realizzata per conto di un avversario politico. Ma non si può escludere che, nonostante la sciatteria degli installatori, si trattasse di una microspia regolarmente autorizzata dalla magistratura. Da quale Procura, e nell'ambito di quale inchiesta? In questo caso, visto che le «cimici» ufficiali portano un numero di serie, ai carabinieri di Varese - che indagano sull'episodio - non dovrebbe essere difficile risalire all'ufficio giudiziario che ha ordinato di tenere d'occhio Reguzzoni.
L'esponente leghista in un commento sulla sua pagina Facebook fa sapere di non sentirsi intimidito nè in un caso nè nell'altro: «Microspie. Intercettazioni. Quattro furti in due anni senza rubare nulla. Notizie su dossier camorristici. Adesso questo. Se qualcuno vuole intimorirmi sappia che si sbaglia di grosso. E se quel qualcuno si annida nelle pieghe delle Istituzioni o dello Stato, sappia che prima o poi i nodi verranno al pettine».
Secondo la ricostruzione pubblicata ieri dal quotidiano La Prealpina, Reguzzoni potrebbe avere incrociato di sfuggita i misteriosi (e maldestri) autori dell'impresa: lunedì pomeriggio in via Primo Maggio, a Busto Arsizio, l'ex deputato ha dapprima notato un uomo che si allontanava rapidamente, poi un secondo individuo, con marcato accento meridionale, gli si è parato davanti chiedendogli una informazione stradale, ma dandogli la netta impressione che il suo vero obiettivo forse trattenerlo e impedirgli la visuale. Dopodiché, lo sconosciuto è corso via, salendo su una vettura che è partita di gran carriera.
Non è la prima volta che Reguzzoni si sente al centro di attenzioni particolari: nei dossier raccolti da Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega Nord, ce n'era uno a suo nome.
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