Cronaca locale

«La combattente» Stefania Bianchini con i guantoni è pioniera sul ring

«Spero che un giorno le ragazze-pugili si ricordino di me come di una che ha aperto la strada». Rispondeva così Stefania Bianchini a chi la intervistava quando ha appeso i guantoni al chiodo. Determinata, forte, seria oggi Stefania ha 42 anni è laureata, è mamma (di Nicole che ha 3 anni), insegna in palestra e ha aperto un'altra pagina della sua vita. Lontana da quella di prima, costellata di titoli e medaglie, perché Stefania è stata la prima campionessa mondiale di kick boxe e pugilato in Italia. Appena 51 chili, peso mosca ha cominciato a combattere in Italia quando in Italia le donne non combattevano. Di più. Quando alle donne in Italia era vietato gareggiare a suon di pugni. Stiamo parlando solo del 2001 e Stefania Bianchini però non è una che si tira indietro quando c'è una sfida. Pioniera del pugilato femminile ha conquistato il mondo andando a prendere la sua licenza in Germania. Fuori del ring ha vinto la sua battaglia per portare il professionismo femminile in Italia e ha contribuito alla consacrazione del pugilato femminile a sport olimpico. Tutto questo lo racconta in un libro (scritto col giornalista Antonio Voceri» e il titolo non lascia dubbi «La combattente, autoritratto di una donna sul ring». Ecco cosa scrive: «È molto facile pensare che colei che non si adegua alle aspettative di ruolo sia anormale, invece di mettere in dubbio la validità delle norme che stabiliscono i comportamenti e gli atteggiamenti attribuiti alle donne».
Donna in un istituto tecnico di soli uomini (il Galvani Milano), fuori di casa a poco più di vent'anni, italiana in esilio sportivo in Germania, femmina in un ambiente di maschi. Si avvicina agli sport di combattimento quasi per caso, poco più che ventenne, ma mostra subito attitudini straordinarie. È un talento. Vince. Vince e poi vince ancora. Passa dal karate alla thai-boxe, dalla kick-boxing al pugilato. E inanella titoli italiani, europei e mondiali a ripetizione. Sul ring «avevo sempre voglia di superare me stessa, vedevo che di volta in volta la tecnica si affinava, miglioravo ero sempre più precisa. All'inizio avevo paura di farmi male, poi quella paura è passata superata da un altro timore quello di fare brutta figura. Sento di avere attraversato per pura combinazione la porta giusta». Il naso non se l'è rotto anche con una testata una volta le hanno aperto un sopracciglio. «Sono stata molto fortunata.

O anche molto brava».

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